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XFactor 2022: chiamami col tuo nome. Dargen, Fedez, Rkomi vs. Omini e Tigri, il trionfo del brand

Tolta Ambra (che comunque sarebbe Ambra Angiolini, come ci ricordano i titoli di testa dei suoi film e i VHS di Non è la Rai che conserviamo nel più infame recesso della nostra soffitta), la nuova giuria di XFactor non ha un giudice che sia uno con un nome “normale”, o quantomeno con il suo nome di battesimo. E se nel caso di Fedez (Federico Lucia) e Rkomi (Mirko Martorana) si tratta di espedienti retorici piuttosto comuni: l’epitesi – l’aggiunta di un suono alla fine di una parola – e ovviamente l’anagramma, anzi l’inversione sillabica come per il Dogui, il cumenda dei cinepanettoni dei Vanzina che nella realtà si chiamava Guido Nicheli, per quanto riguarda Dargen D’Amico la genesi appare più oscura. Lui (all’anagrafe Jacopo, figlio di genitori originari di Filicudi) sostiene significhi “d’argento”, magari intende d’argent alla francese, in senso propiziatorio (beaucoup d’argent, un sacco di soldi); ma ad ogni modo nessuno di questi nomi può competere con la fantasia mostrata da alcuni concorrenti delle audizioni del talent che ha inaugurato giovedì sera su Sky Uno la sua sedicesima edizione italiana, dodicesima sulla piattaforma satellitare.
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La “suonata”, come si dice, si capisce subito: il primo gruppo ad essere chiamato sul palco sono le Tigri da Soggiorno, che mettono pure una strofa bellina nell’esecuzione di Prima di andare via di Neffa (ma se ne accorge solo Fedez, mentre Dargen si rivela subito più conservatore di quanto quegli occhialoni da sole sembrino voler suggerire). Passano, non sembrano attrezzati per arrivare al live ma il nome, quello resterà nella nostra memoria. Quella a breve termine, ovviamente. Sorte analoga aspetta probabilmente i Nervi, protagonisti di una discussa cover de La bambola di Patty Pravo. Mentre chi potrebbe aver già messo un’ipoteca su un piazzamento in finale – mentre per il nome hanno già vinto – sono gli Omini, un power trio torinese che si presenta sul palco in tuta bianca come Pete Townshend degli Who a Woodstock la mattina in cui sfasciò la chitarra in testa a un attivista che gli aveva strappato il microfono di mano. Riferimento non casuale: Townshend è l’idolo del papà di due dei componenti, Alex Loggia, a lungo chitarrista degli Statuto, la storica band underground torinese (da qui il coretto dei giudici con Abbiamo vinto il festival di Sanremo che a Sanremo ci andò davvero). Tirano giù l’arena con una versione super energica di Tick tick boom degli Hives e si meritano una ricerca ulteriore su Internet: giovanissimi (17-18 anni), suonano insieme sin da piccoli e hanno già aperto qualche grosso concerto quando si chiamavano The Minis, denominazione cambiata probabilmente per non essere costretti a dipingersi di giallo e indossare una salopette.
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Sembrano avere un futuro interessante in questa edizione anche i Santi Francesi, che quando arrivano sul palco sembrano un po’ Cecco e Cipo (involontariamente comica la spiegazione del nome, mutuato dall’usanza medievale in Francia di “inventare” santi inesistenti solo per festeggiarli, se non fosse che più banalmente uno fa di cognome De Santis e l’altro Francese), poi attaccano l’inedito "Non è così male" e conquistano facilmente i giudici. Il loro è un indie pop sofisticato, originale e intelligente, con un testo mai banale; magari devono stare attenti a non replicare troppo i primi Thegiornalisti, ma alla fine sono tra i migliori della puntata. Così come ricalca un po’ troppo la metrica di Calcutta (Dargen cita anche I Cani, che più o meno sono la stessa cosa...) l’allieva del conservatorio Lucrezia, che tuttavia propone un inedito, Molecole, di livello molto alto e mette in mostra un timbro bellissimo. L’impatto ricorda quello di una precedente esibizione di una cantante proveniente da studi classici, quella Naomi Rivieccio che sorprese tutti con Bang bang di Jesse J e poi arrivò seconda (oggi fa la corista nell’Orchestra del Festival di Sanremo). Ma se dovessimo immaginare un ideale podio della puntata snoccioleremmo, in ordine sparso: Linda che spiega la sua partecipazione con la necessità di un boost di autostima e che da due giorni si vede galleggiare a mezz’aria per Milano dopo che la sua versione di Coraline dei Maneskin ha lasciato letteralmente tutti senza fiato; Prim – anche qui un nome d’arte, lei si chiama Irene – che definisce il suo genere musicale “pop triste” e incanta con la bellissima Youth dei Daughter; e infine gli STT, fratelli che sbattono in faccia a quei “culipieni” dei giudici – questo abbiamo pensato vedendo la commozione di Fedez, prima di scoprire che Rkomi ha un vissuto simile e andarci a confessare – una storia di sfratto, povertà e disperazione (Oh mama) con una potenza espressiva del tutto inaspettata. Anche se poi alla fine vincerà Holy Francisco, al secolo Francesco Guarnera, sedicenne di Gela che è già in possesso di una clamorosa hit come Martina (e ci starebbe tra parentesi il sottotitolo Sei una stronza, tanto da qui a due-tre giorni la canticchierete tutti).
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Ultimo accenno alla squadra conduttore-giudici nuova per quattro quinti: Francesca Michielin (voto 8) è una boccata di aria fresca e pulita prima ancora che dica qualsiasi cosa, se solo pensate che l’anno scorso al suo posto c’era l’insulso Ludovico Tersilli medicodellamutua. Empatica e adorabile con concorrenti e genitori, nei brevi interventi sopravvissuti al montaggio sembra anche spigliata e divertente. Certo, va vista al live ma peggio di Tersigni-Tersilli non può fare. In giuria l’unico non esordiente è Fedez, che torna dopo quattro anni di assenza per la sua sesta partecipazione (vinse nel 2014 con il catanese Lorenzo Fragola) e sembra già deciso a fare il bis approfittando dell’inesperienza dei colleghi al tavolo. Idee chiare e giudizi più incisivi del solito, non è dispiaciuto anche se l’improvvisata della Ferragni con in braccio la piccola Vittoria – a proposito di brand – ce la saremmo risparmiata. Voto 7.

Il contraltare è un Rkomi perennemente a disagio, combattuto tra la necessità di dare giudizi sinceri e la paura di spezzare qualche sogno. Lodevole, però fatti spiegare cosa devi chiedere a un concorrente quando sale sul palco o davvero fai la fine di Tersigni... Voto 5. Ci saremmo aspettati qualcosa in più da Ambra, non perché ci sembri un’intenditrice di musica ma perché ci piace e ci fa molta simpatia, soprattutto dopo essere stata lasciata da Massimiliano “acciughina” Allegri, un’onta che nessuna donna dovrebbe subire nella vita e che invece condividono già in tante, troppe; una persino sull’altare. «Ma innanzithutto bisogna farle i homplimenti», chioserebbe l’allenatore (si spera ancora per poco) della Juventus, però a parte il primo pseudo-scazzo con Dargen si limita a interpretare il personaggio della mamma, anzi della nonna nel caso della Martina di Holy Francisco – è il giudice più anziano, in effetti – che alla fine stanca pure. Voto 6. E infine, il giudice più indecifrabile del tavolo: Dargen D’Amico, una lunga carriera da autore indie con contaminazioni rap per poi diventare famoso cantando «Fottitene e balla». La sua formazione è cantautorale e, al di là della tendenza continua a fare battute, appare subito come il più severo insieme a Fedez. Qualche volta però esagera. Voto 6,5.

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