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Noi e la Privacy: cyberbulli "cancellati" dal web entro 48 ore

Una puntata speciale della nostra rubrica “Noi e la Privacy”, in collaborazione con  l’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali nell’ambito dell’adesione di Ses al Manifesto di Pietrarsa, l’iniziativa del Gpdp volta a promuovere l’educazione digitale dei giovani. Un approfondimento interamente dedicato ad uno dei fronti di rischio più gravi e pervasivi che il web presenta: il  cyberbullismo, tema che approfondiamo assieme all’avv. Guido Scorza, componente del GPDP.

La legge che tutela dai bulli

«Il cyberbullismo - afferma Scorza -  può essere considerato per certi versi come la manifestazione, amplificata dalla rete, del fenomeno già conosciuto del bullismo, caratterizzato da azioni intimidatorie, a volte anche violente (che possono consistere in molestie verbali, aggressioni fisiche, fino a veri e propri atti persecutori) esercitate da un bullo, o da un gruppo di bulli, su una vittima». «E tuttavia - prosegue -  si tratta anche di un fenomeno diverso e potenzialmente molto più pericoloso del suo “antenato”, che va affrontato con strumenti nuovi e specifici, pensati in funzione dell’ecosistema digitale nel quale le azioni di cyberbullismo vengono realizzate. Come fa la legge 29 maggio 2017, n. 71 recante appunto “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”. Che consente ai minori di chiedere l’oscuramento, la rimozione o il blocco dei contenuti che si riferiscono a loro e che sono stati diffusi per via telematica, che loro ritengono essere atti di cyberbullismo (ad esempio, foto e video imbarazzanti o offensive, oppure pagine web o post sui social network in cui si è vittime di minacce, offese o insulti, ecc.)».

La richiesta di cancellazione entro 48 ore

«Nello specifico - chiarisce il legale - le richieste di cancellazione dei contenuti vanno inviate al titolare del trattamento o al gestore del sito internet o del social media dove gli stessi sono pubblicati. L’istanza può essere inviata anche direttamente dal minore, se ha più di 14 anni, oppure, in caso contrario, da chi esercita la responsabilità genitoriale. La legge prevede inoltre che il titolare del trattamento o il gestore del sito o del social media debba rispondere ed eventualmente eliminare i contenuti ritenuti offensivi in tempi molto stretti (al massimo entro 48 ore) e che nel caso in cui la richiesta non venga soddisfatta, il minore (o chi esercita la responsabilità genitoriale) possa rivolgersi al Garante per la protezione dei dati personali, che entro 48 ore si attiva sulla segnalazione. Tempi strettissimi, quindi, pensati proprio per rendere quanto più possibile efficace una tutela che deve fare i conti con la velocità di propagazione di qualunque cosa, sia che si tratti di una foto, di un video o di un post, finisca in rete».

Il web "potenzia" i bulli

«La differenza tra bullismo e cyberbullismo - sottolinea Scorza - sta infatti proprio nella presenza di quel suffisso (cyber) che indica che abbiamo a che fare con un fenomeno tutto sommato già noto, il bullismo, che però cambia e si potenzia nel momento in cui le offese vengono perpetrate nella dimensione digitale e i contenuti vengono diffusi in rete. È proprio la presenza della rete che segna la distanza tra bullismo e cyberbullismo, nella misura in cui Internet e la tecnologia consentono ai bulli di infiltrarsi nelle case delle vittime, di materializzarsi in ogni momento della loro vita, di perseguitarle anche a distanza con messaggi, immagini, video offensivi inviati tramite smartphone o pubblicati sui siti web tramite Internet. Ed è sempre la dimensione digitale che consente ai bulli di trovare un pubblico per le loro azioni potenzialmente infinito, non solo nello spazio, ma anche nel tempo, perché una volta finiti in rete  un video, una foto, un commento vengono consegnati a quella che - complici i motori di ricerca e l’indicizzazione dei contenuti - è la memoria infinita di Internet».

L’identificazione e la “percezione” del danno

«Alla dimensione digitale - ammonisce il componente dell’Authority - va ricondotta anche la questione relativa alla possibilità di identificare gli autori delle offese. Mentre infatti i bulli sono di norma studenti, compagni di classe o di Istituto, o comunque ragazzi conosciuti dalla vittima perché in qualche modo fanno parte del suo ambiente, i cyberbulli possono sfruttare l’anonimato della rete, avere una sorta di percezione di invisibilità e sollecitare anche la partecipazione di altri anonimi utenti, senza che la persona riesca a sapere con chi sta interagendo. La distanza che la rete pone tra chi offende e chi viene offeso determina inoltre la non immediata percezione nel cyberbullo delle conseguenze delle proprie azioni, ossia delle reazioni che l’offesa suscita nella vittima, che potrebbero invece rendere evidente la gravità di ciò che è stato detto o fatto».

Non solo “nativi” ma “cittadini digitali”

«Si parla molto spesso dei ragazzi abituati sin dalla prima infanzia a relazionarsi con le nuove tecnologie, come di “nativi digitali”, proprio perché usano smartphone, tablet e pc sin da piccoli. Ma non ci si rende conto che questa loro dimestichezza con gli strumenti elettronici non significa affatto che abbiano anche la consapevolezza delle reali potenzialità e dei reali rischi che tali strumenti presentano. Perché quel che conta di più non è che i giovani e i giovanissimi siano “nativi digitali”, ossia abituati ad usare sin da piccoli la tecnologia, ma che sin da piccoli siano educati ad essere dei buoni “cittadini digitali”, che vuol dire vivere nella comunità dei consociati, nella quale effettivamente non c’è più differenza tra reale e virtuale, riuscendo a distinguere ciò che è giusto e corretto fare utilizzando lo strumento elettronico e cosa non lo è. La tecnologia, infatti, in sé non è mai né buona né cattiva, perché tutto dipende dal modo (e dal rispetto nei confronti degli altri) nel quale viene utilizzata. E il fatto che i giovani e giovanissimi trascorrono la gran parte del loro tempo in rete – per divertirsi ma anche per controllare i compiti, inviarli ai professori e studiare, come abbiamo visto soprattutto nei periodi di lockdown dovuti all’emergenza sanitaria – significa che investire nell’educazione alla cittadinanza digitale delle nuove generazioni è diventata una priorità assoluta».

I dettagli normativi: di cosa parliamo?

Con il termine «cyberbullismo» si intende qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d'identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali realizzati, per via telematica, a danno di minori, nonché la diffusione di contenuti on line riguardanti uno o più componenti della famiglia di un minore con lo scopo di isolarlo, attaccarlo o metterlo in ridicolo.

 Cosa succede dopo  la richiesta di cancellazione?

Il titolare del trattamento o il gestore del sito internet o del social media che ospita i contenuti ritenuti offensivi risponde ed eventualmente provvede alla richiesta di eliminazione nei tempi previsti dalla legge. Nel caso in cui la richiesta non venga soddisfatta, ci si può rivolgere al Garante per la protezione dei dati personali, che entro 48 ore si attiva sulla segnalazione. Per inoltrare le segnalazioni all’Autorità si può utilizzare il modello disponibile su www.garanteprivacy.it/cyberbullismo, inviandolo via e-mail a: [email protected]

Il Protocollo tra il Garante e la Polizia Postale

Un  accordo tra il Garante per la protezione dei dati personali e la Polizia Postale è volto a rafforzare il sistema di tutele nei confronti dei minori dai pericoli del web. Il Protocollo formalizza la collaborazione, già da tempo esistente sul piano operativo e trae origine dalla  legge  71/2017. La norma chiama sia il Garante, sia la Polizia postale ad intraprendere non solo le azioni riparatorie su istanza dei minori che si ritengano vittime di atti di  cyberbullismo  (come l’oscuramento, la rimozione o il blocco dei contenuti a loro riferiti e diffusi in rete), ma anche ad educare i giovanissimi ad un utilizzo consapevole e corretto del web, affiancando le istituzioni scolastiche nella loro opera educativa e di sensibilizzazione.

L’obiettivo è quello di attivare una rete di intervento coordinata e strutturata per fornire un supporto tempestivo alle vittime di quella che oramai ha assunto i connotati di una vera e propria epidemia silenziosa.

Grazie al Protocollo d’intesa, nei casi in cui sia necessario identificare il titolare del trattamento o il gestore del sito internet o del social media dove sia stato pubblicato un contenuto ritenuto atto di cyberbullismo o sia necessario attuare le decisioni assunte, il Garante può richiedere l’intervento della Polizia Postale e delle Comunicazioni. La Polizia Postale si occuperà di reperire dati e informazioni sul titolare del trattamento o sul gestore del sito web o del social media, nonché delle eventuali ulteriori fonti web sulle quali siano stati divulgati i contenuti illeciti, al fine di consentire al Garante di intervenire opportunamente.

Rubrica settimanale pubblicata sull'inserto Noi Magazine di Gazzetta del Sud, dedicato ai giovani e all'Istruzione, in collaborazione con il Garante  per la Protezione dei Dati Personali nell’ambito dell'adesione di Società Editrice Sud al  Manifesto di Pietrarsa, l'iniziativa del GPDP per l'educazione digitale in particolare delle giovani generazioni.

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