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Autismo, a scuola lo scambio di “doni” tra chi è aiutato e chi aiuta

Avete mai provato a inforcare un paio di occhiali differenti dai vostri? Come vi sembra la realtà che prima avevate dato per scontata? E gli altri, adesso, come vi vedono? Per spiegare cosa significhi disturbo dello spettro autistico non basta, però, solo parlare di differenti punti di vista. Semmai è tutta una questione di neurodiversità. Di modo di approcciarsi e vivere la quotidianità all’interno di un contesto sociale. Sono quasi 80 milioni le persone che manifestano difficoltà a stabilire relazioni, usano il linguaggio in modo atipico (in alcuni casi, non parlano affatto), mostrano comportamenti limitati, ripetitivi e stereotipati: ecco l’insieme di ciò che rientra nel cosiddetto “spettro autistico”, tutto e anche di più, in questo disturbo sfuggente e complesso.
Tutto qui? Può essere davvero tutto sintetizzato in una “diagnosi”? Assolutamente no, a meno che non si voglia identificare una persona con la sua disabilità. Sarebbe come soffermarsi solo sull’altezza, sul peso, su un determinato comportamento, sul colore dei capelli. Soffermarsi sulle carenze, i difetti o comunque solo su un tratto di chi ci sta di fronte è come etichettarlo superficialmente.
Il problema non rappresenta il tutto, ma è solo una parte. Ed è proprio oltre al problema che bisogna andare quando ci si rapporta con una persona con disturbo dello spettro autistico. Nella società, ma soprattutto a scuola, dove conoscere la patologia significa non averne paura e agevolare l’accoglienza e la valorizzazione delle persone con autismo di tutte le età. È proprio nel regno per eccellenza dell’apprendimento che si devono creare le condizioni migliori di crescita. Il docente che accompagna lungo il percorso scolastico studentesse e studenti, dunque, deve partire proprio dai punti di forza e dal livello iniziale (che sono differenti per ciascuno) per poi lavorare a fondo sulle potenzialità. E questo deve valere anche e soprattutto per chi presenta una disabilità.
Come si agisce a scuola. Le persone con autismo hanno bisogno non solo di insegnanti di sostegno motivati e competenti e di materiale didattico adeguato, ma anche di una classe inclusiva che le faccia sentire parte integrante del gruppo, trovando per ogni attività il modo giusto di farle partecipare: lezioni, laboratori, gite, ma anche le fondamentali esperienze extrascolastiche, che sono poi la vera prova dell’esistenza di un sentimento, di un’amicizia che non è “obbligata” dalla convivenza tra i banchi.
Gli strumenti da utilizzare. È importante anche capire i tempi e le abitudini e utilizzare strumenti come l’agenda visiva e il sistema di comunicazione a immagini (Pecs) per agevolare la comprensione e adattarsi alle situazioni sociali. La Token Economy, ad esempio, rappresenta un sistema di rinforzo basato su premi e può anche essere utilizzato per motivare a comportarsi correttamente. Nel lungo periodo però, bisognerà far leva non solo sulla motivazione estrinseca (ovvero il compenso materiale) ma anche su quella intrinseca (si svolge quel compito perché se ne capisce l’importanza, perché si sente il bisogno di portalo a termine).
Più in generale, l’obiettivo del corpo docente – dunque non solo l’insegnante di sostegno che, è bene ricordarlo, è docente di tutta la classe – è di aiutare il compagno o la compagna con autismo a sentirsi parte del gruppo, ad adattarsi alle dinamiche sociali della classe, rispettando i suoi ritmi e le sue esigenze individuali.
Il setting di classe. La creazione di un ambiente strutturato e ben organizzato è fondamentale per aiutare gli alunni e le alunne con disturbo dello spettro autistico a comprendere e prevedere ciò che accade intorno a loro e a sentirsi più a proprio agio. D’altra parte, un ambiente disorganizzato o caotico può spesso causare problemi comportamentali e di stress. Pertanto, è importante prestare molta attenzione alla progettazione e alla strutturazione dell’aula per creare un ambiente che favorisca il benessere e minimizzare i comportamenti problematici.
Il ruolo della classe. L’inclusività all’interno dell’ambiente di apprendimento può essere agevolata attingendo ai cosiddetti “facilitatori”, non solo quelli materiali (strumenti specifici, tecnologia, setting di classe) ma anche quelli… in carne e ossa: i compagni e le compagne di classe sono una preziosissima risorsa e un fattore di crescita insostituibile per i coetanei con autismo, soprattutto in funzione del loro essere modelli di positiva imitazione per tirare fuori abilità e competenze. Traendone a loro volta una preziosa occasione di maturazione e una indimenticabile lezione di cura e solidarietà.

 

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