«Il senso di responsabilità mi impone di non sottrarmi e prevale sulle mie idee ed anche sulla vita privata». Queste le prime parole del presidente Sergio Mattarella a pochi minuti dalla sua rielezione. Un brevissimo discorso denso di significato e che non elude gli interrogativi che hanno segnato queste settimane, a tratti frenando i partiti nel riproporre il suo nome. cioè il suo reiterato «no» alla rielezione. Parla di dovere, di emergenze in atto e della necessità di "interpretare» le esigenze dei cittadini che sono clamorosamente emerse attraverso la spinta del Parlamento che ha travolto i partiti incapaci di esprimere un nome alternativo. Forse per questo il capo dello Stato ha esordito ringraziando proprio il Parlamento e i delegati delle Regioni per la "fiducia» espressa nei suoi confronti. Ma il cuore del suo brevissimo discorso agli italiani si basa su una premessa: «i giorni difficili trascorsi per l’elezione della presidenza della Repubblica nel corso della grande emergenza che stiamo tuttora attraversando sul versante sanitario, su quello economico, su quello sociale richiamano al senso di responsabilità e al rispetto delle decisioni del Parlamento».
Emergenze gravi e, soprattutto, ancora in atto che si associano alla necessità di non frenare la crescita del Paese mentre sono in arrivo i fondi del Pnrr. Pressioni non trascurabili che avrebbero con tutta probabilità investito anche l’esecutivo e minacciato la fine anticipata della legislatura. Ecco perché il presidente, dopo una profonda riflessione, ha deciso di non persistere nel suo diniego. La chiamata del Parlamento si trasforma così in un dovere per un uomo delle istituzioni come Mattarella: «Queste condizioni impongono di non sottrarsi ai doveri cui si è chiamati e naturalmente devono prevalere su altre considerazioni e su prospettive personali differenti, con l’impegno di interpretare le attese e le speranze dei nostri concittadini».
Altri programma ma...
Nel pomeriggio Mattarella aveva parlato ai capigruppo. "Avevo altri programmi, ma se c'è bisogno ci sono". I capigruppo delle forze di maggioranza erano usciti insieme dall’ingresso principale del Quirinale dopo l’incontro con il presidente Mattarella, durato una decina di minuti. «È andato tutto bene», ha detto ai cronisti Simona Malpezzi capogruppo del Pd al Senato. Il Capo dello Stato ha detto che «aveva altri piani per il suo futuro», ma vista la situazione si è messo a disposizione, riferisce la capogruppo delle Autonomie al Senato Julia Unterberger lasciando il Quirinale. «Lo abbiamo pregato, vista la situazione, di restare per un altro mandato».
La storia di Sergio Mattarella
Palermitano, classe 1941, Sergio Mattarella, dal 2011 giudice della Corte Costituzionale viene da una famiglia di tradizione democristiana. Il padre, Bernardo, fu tra i fondatori della Dc siciliana, deputato alla Costituente e ministro dei Trasporti, del Commercio Estero e delle Comunicazioni tra la metà degli anni '50 e '60. Anche il fratello Piersanti aveva intrapreso la carriera politica riuscendo in poco tempo ad arrivare alla carica più alta della regione e mettendo al primo posto la lotta alla mafia e alla corruzione. Proprio per questo, mentre era governatore della Sicilia, il giorno dell'Epifania del 1980, quando era appena quarantacinquenne fu brutalmente ucciso da un agguato a colpi di pistola da parte di Cosa Nostra.
Tre anni dopo Sergio Mattarella, avvocato e docente di diritto parlamentare all'università di Palermo, viene eletto deputato con la Dc. Negli anni Ottanta è ministro dei Rapporti con il Parlamento nei governi De Mita e Goria. Poi ministro dell'Istruzione con Giulio Andreotti, carica dalla quale si dimette nel 1990 in segno di protesta contro l'approvazione della legge Mammì che, di fatto, favorì l'ascesa economica di Silvio Berlusconi.
Nel 1993 è "padre" della riforma della legge elettorale in senso maggioritario che porta il suo nome, il 'Mattarellum', sostituita nel 2013 dal cosiddetto 'Porcellum'. Dopo Tangentopoli è alla guida del rinnovamento democristiano. Tra il '92 e il '94 è direttore del 'Popolo', il quotidiano del partito e dopo la frammentazione Dc è tra i promotori del Partito popolare italiano. Nel 1996, con la vittoria elettorale dell'Ulivo guidato da Romano Prodi è capogruppo dei popolari alla Camera e diventa vicepresidente del Consiglio quando, dopo la caduta di Prodi, l'incarico venne assunto da Massimo D'Alema. Nei secondi governi D'Alema e Amato, Sergio Mattarella è ministro della Difesa.
Nel 2001 è nuovamente eletto deputato nelle liste della Margherita e riconfermato a Montecitorio nel 2006 per la lista dell'Ulivo carica che ha ricoperto fino al 2008. Eletto dal Parlamento giudice della Corte Costituzionale il 5 ottobre 2011. Giura l'11 ottobre 2011.
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Con Sergio Mattarella, eletto per la seconda volta dal Parlamento presidente della Repubblica, la Sicilia arriva per la prima volta al Colle (è nato a Palermo). Nei primi 69 anni di vita della Repubblica italiana, la Sicilia era sempre rimasta fuori dall'"olimpo" quirinalizio dove invece sono approdati 11 presidenti distribuiti tra la Campania (tre), il Piemonte (tre), la Toscana (2), la Sardegna (2) e la Liguria (uno). Di Napoli erano il primo presidente provvisorio, Enrico De Nicola, Giovanni Leone (6/o), e Giorgio Napolitano (11/o). Originari del Piemonte il 2/o presidente, Luigi Einaudi (nato a Carrù in provincia di Cuneo), il 5/o Giuseppe Saragat (Torino) e il 9/o, Oscar Luigi Scalfaro (Novara). Dalla Toscana venivano il 3/o presidente, Giovanni Gronchi (nato a Pontedera provincia di Pisa) e il 10/o Carlo Azeglio Ciampi (Livorno). Nati in Sardegna, il 4/o presidente Antonio Segni (Sassari ) e l'8/o, Francesco Cossiga (anch'egli di Sassari). Dalla Liguria proveniva il 7/o presidente Sandro Pertini (nato a Stella in provincia di Savona. Molte le regioni dunque, finora rimaste "escluse" dal Quirinale, ma guardando la distribuzione geografica per "macroaree", appare evidente una equa ripartizione tra Nord (4 presidenti: Einaudi, Saragat, Scalfaro, Pertini), Centro (4 presidenti: Gronchi, Ciampi, Segni, Cossiga) e Sud (4 presidenti: De Nicola, Leone, Napolitano e Mattarella).
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