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Letta: incontrerò Della Vedova e Calenda. Il leader di Azione: ecco i patti

La tensione cresce, acuita dalle accuse reciproche che Enrico Letta e Carlo Calenda si lanciano a distanza. E pur offrendo entrambi la disponibilità a un incontro, fino a sera del faccia a faccia non vi è traccia. «Il clima non è dei migliori», si spiega in ambienti dem. «Non mi pare» che si possano incontrare a breve, è la medesima sensazione che si avverte dalle parti di Azione. Poi, in serata, fonti di Azione annunciano che l’atteso incontro si terrà nella mattinata di domani. Ma il borsino odierno delle quotazioni sull'intesa elettorale resta in forte picchiata. Anche perchè, ragionano alcuni esponenti dem, ad ascoltare le parole dell’ex ministro dello Sviluppo sembra che dietro le richieste si nascondano più dei pretesti per non siglare l’accordo e addossare al Pd la responsabilità della rottura che dei temi concreti. Tuttavia, per il Nazareno uno spiraglio c'è ancora.

I veti di Calenda

Il tempo stringe, entro il 22 agosto vanno presentate le liste e, quindi, entro quella data va trovata un’intesa sui collegi uninominali. Proprio i collegi su cui Calenda pone il 'veto': no a candidati di Sinistra italiana, Europa verde, dimaiani e ex M5s. Di contro il leader di Azione offre di fare altrettanto con le ex azzurre Mara Carfagna e Mariastella Gelmini: per loro solo un posto nel proporzionale. Ma i paletti di Calenda e di Benedetto della Vedova di Più Europa riguardano anche il programma: i punti programmatici devono essere «compatibili», è la richiesta.
All’indomani dell’appello «accorato» lanciato ieri dalla festa dell’Unità, Enrico Letta torna a tendere la mano e, dopo aver riunito la segreteria allargata a tutti i vertici dem, rivolge un nuovo appello, tornando a mettere in guardia dal rischio di fare «un regalo alla destra» dividendo il fronte del centrosinistra. Un rischio che «l'Italia non può permettersi», avverte il leader dem, perchè la «posta in palio è altissima». Trascorrono pochi minuti e arriva la replica di Calenda: «Enrico sei troppo intelligente per considerare questo appello una risposta. Vediamoci oggi e chiudiamo in un senso o nell’altro. Così ci facciamo male tutti». Parole che, stando alle dichiarazioni che lo stesso Letta rilascia a stretto giro dopo l’incontro con i primi cittadini Pd, sembrano suscitare una certa iritazione. Il segretario dem spiega ancor più nel dettaglio il senso del suo appello, ma chiede rispetto ("lo spirito di coalizione del Pd non va dileggiato") e, soprattutto, dice chiaro e tondo a Calenda che i «patti» devono essere «chiari», senza «veti e sportellate».

L'accordo "saltato"

Ma Letta aggiunge un altro tassello alla diatriba che ormai si consuma da giorni: il leader dem rivela di aver incontrato tre giorni fa l’ex ministro e che l’incontro era terminato con «una stretta di mano ed eravamo d’accordo su una strada, poi due giorni dopo tutto è saltato, ma allora stringersi la mano non significa nulla? Io sono abituato che se do la mano poi si va avanti, invece se tutto salta allora stringersi la mano non significa niente». In ogni caso Letta non chiude la porta, anzi. Scandisce di «voler fare di tutto per raggiungere un’intesa», tornando a precisare che con tutte le forze con cui si sta dialogando si tratta di siglare un’alleanza elettorale, una generosità del Pd per dare «diritto di tribuna», ma ciò non vuol dire che si devono sposare in toto i programmi e le idee.

La risposta

La risposta di Calenda, però, lascia pochi margini a una possibile intesa: «I patti sono chiarissimi. No Bonelli, Fratoianni che sono contro Draghi negli uninominali, no Di Maio negli uninominali. Già accettarli in coalizione per noi è problematico ma ti siamo venuti incontro. D’altro canto ci impegnamo a non candidare negli uninominali personalità divisive per il centro sinistra. Sui temi: agenda Draghi, non tasse e bonus. Risposte nette su rigassificatori e modifica Rdc. Queste cose le hai sul tavolo da giorni. Legittimo dire 'non riescò ma chiudiamo questa partita». Una posizione che, però, non convince tutti: Emma Bonino, pur non lesinando critiche al Pd, ritiene «inaccettabile avvantaggiare la destra». Spiega la senatrice di Più Europa: «Il solo sospetto che, volenti o nolenti, in base alla legge elettorale diamo un voto di più ala destra putiniana è una cosa che non voglio portarmi dietro come eredità politica». Di fatti, in base ad alcune proiezioni effettuate sulla base di uno scenario che vede Calenda correre per conto suo, magari in alleanza con Renzi, sarebbero 16 i collegi che il centrosinistra perderebbe (di cui 15 andrebbero al centrodestra). Calenda continua ad attendre una risposta chiara da Letta. «La palla è nel campo del Pd e così la responsabilità di ciò che deciderà di fare», spiega il leader di Azione in un’intervista. Intanto continua il pressing di Matteo Renzi per dar vita con Azione al terzo polo: «Con il Pd lo scontro è sulle idee, non sui seggi».

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