Un’ora e mezza con Mario Draghi, per quel passaggio di consegne «ordinato» che il premier uscente ha preparato con cura. Un primo Cdm lampo, giusto il tempo di formalizzare le cariche dei due vicepremier e del sottosegretario alla presidenza e di motivare i suoi ministri, certa che i «gufi» si dovranno ricredere e che il governo "sorprenderà». Poi Giorgia Meloni passa l’intera giornata a studiare i dossier, soprattutto quello urgentissimo dell’energia - in Cdm arriva l’annuncio che il ministro uscente Roberto Cingolani resterà con una consulenza, gratuita, per favorire la transizione - e per preparare il suo debutto internazionale con il faccia a faccia con Emmanuel Macron che avviene in serata a Roma. I due non si conoscono. E si incontrano per prendere reciprocamente le misure in vista delle prossime battaglie europee. E a confermare le intese siglate con il Trattato del Quirinale.
Ma la questione più importante - il dossier sarà poi approfondito anche in seguito - è quella sul tetto al prezzo del gas, che all’ultimo consiglio europeo ha allontanato l’asse Parigi-Berlino. Contro la scelta della Germania di andare avanti da sola, con lo scudo da 200 miliardi, peraltro, Meloni si era schierata subito, utilizzando quasi le stesse parole del suo predecessore a Palazzo Chigi. E lo ripete al presidente francese. L’obiettivo del faccia a faccia, insomma, è quello di confermare che l’Italia resta amica della Francia, un’amicizia non compromessa nemmeno dall’incidente sui gilet gialli incontrati da Luigi Di Maio durante il primo governo Conte. Ma è anche quello di lanciare un segnale di distensione dopo le polemiche ridosso del voto scatenate dalla ministra francese Laurence Boone ("vigileremo sul rispetto dei valori e dello stato di diritto», aveva detto). Con il cambio di governo la posizione dell’Italia non si modifica, assicura Meloni a Macron, che con Draghi aveva un rapporto stretto, anche personale, tanto da invitarlo all’Eliseo per una cena di saluto qualche giorno prima dello scambio della campanella. Prima di vedere Macron, Meloni si confronta a lungo su tutti questi temi, proprio con il presidente del Consiglio uscente, che l’ha accolta sulla scalinata con uno schiocco di mani e un buffetto sulla spalla dopo averle chiesto «come stai?».
La neopremier ammette che l’emozione è forte, posa in favore di fotografi e poi si chiude nello studio del presidente. I due si confrontano faccia a faccia, e sul finale vengono raggiunti da Roberto Garofoli, sottosegretario uscente, e da Alfredo Mantovano, fresco di giuramento. Un’analisi della situazione internazionale, a partire dalla guerra in Ucraina, e del quadro economico funestato dalle nubi della crisi energetica occupano buona parte della prima ora di incontro. Quando entrano i due sottosegretari si passa alle questioni più concrete, sulle misure per contrastare il rincaro delle bollette, sull'attuazione del Pnrr, sulla manovra che il nuovo governo dovrà scrivere in tempi record. L’Italia ce la farà, ha tutti gli strumenti per farcela, il messaggio rassicurante che Draghi avrebbe ripetuto al suo successore dopo averlo ribadito più volte anche in pubblico negli ultimi mesi. Meloni ne è convinta, a patto che la squadra resti «unita» e si metta subito al lavoro: fatte le foto e festeggiato il momento che comunque è storico, come twitta lei stessa, ora bisogna «scrivere il futuro». Ci sono grosse «responsabilità" che attendono l’esecutivo e la situazione «difficile» ma il governo sarà all’altezza delle «emergenze» del Paese. Meloni è consapevole, spiega più di un ministro, che si parte in un clima di «diffidenza» da parte della stampa se non di «ostilità», ma si è detta sicura che «con l’impegno di tutti» l’esecutivo di centrodestra sarà «una sorpresa». E non solo per l’Italia.
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