Lunedì 23 Dicembre 2024

Gabbani? Vibrazioni? I mitici Pinguini? Pelù? Tutto sul totovincitore

Alberto Urso
Anastasio
Diodato
“Marco è un bravissimo uomo ma sono stanca di dovermi difendere“
 
Le Vibrazioni
Piero Pelù
 
Pinguini Tattici Nucleari
Pinguini Tattici Nucleari, stadio San Filippo il 30 luglio
Rancore

Chi vincerà il Festival di Sanremo? È vero, spesso lo show “oscura” la musica, ma arriva un momento, ogni anno, in cui la domanda chiave è quella: chi vincerà? Nei gruppi di ascolto in casa, tra gli amici al bar, tra i colleghi d’ufficio, il toto-vincitore si fa sempre più intenso e oggi raggiunge l’apice. Ma una delle caratteristiche del Festival dei record di Amadeus è anche questa: non c’è un favorito. Non c’è, per esempio, l’Ultimo di un anno fa, poi “scalzato” a sorpresa da Mahmood. Basti pensare che due dei più quotati della vigilia secondo i bookmakers, Anastasio e Alberto Urso, hanno dovuto fare i conti coni feedback meno incoraggianti di giuria demoscopica e orchestra. E così “radio Ariston”, quando mancano pochissime ore alla finale, finisce per eleggere una platea più ampia del solito di possibili, presunti, eventuali (gli aggettivi rafforzano l’aura di incertezza, va da sé) favoriti. Mettiamola così: ci sono concorrenti che sembrano poter ambire più di altri al podio. E ognuno di loro racconta proprio Sanremo. C’è Francesco Gabbani, che in Sanremo sembra sempre trovare il proprio “campo di battaglia” preferito: «Lo sfizio di vincere me lo sono tolto, oggi mostro un altro lato di me, dentro questa canzone c’è autenticità». Ci sono Le Vibrazioni, primi per la Demoscopica, rinati un’altra volta: «Stare quasi cinque anni fermi ci ha fatto capire tante cose, ci ha dato più forza. Ma qui a Sanremo la nostra vera rockstar è Beppe Vessicchio», il maestro tornato all’Ariston (e accolto ogni sera da applausi) e che andrà in tour nei teatri con la band. C’è Piero Pelù, che al suo primo Sanremo sembra tornato ragazzino: «O forse sono sempre stato un ragazzaccio. Ma la mia vittoria è essere arrivato a 40 di carriera. Col mio perenne ossimoro di essere un lottatore, ma fragile dentro». C’è Diodato (tra i più apprezzati in sala stampa insieme a Tosca, prima per l’orchestra), che alla terza apparizione sanremese «per la prima volta sento grande calore attorno a me. Cosa mi aspetto? Speravo in tutto questo, io ho sempre portato tutto me stesso, talvolta l’ho fatto in punta di piedi. Il premio più grande è essere riconosciuti e capiti. La musica è stata una grande terapia per me, mi ha salvato la vita». Ci sono, e si sono fatti sentire e apprezzare (con un Forum di Milano già sold-out pronto ad accoglierli a Festival finito) i Pinguini Tattici Nucleari, che da outsider sono divenuti seri pretendenti al podio: «Più che una competizione, è una sfida con noi stessi. Ringo Starr? Le stelle minori esistono, hanno una luce splendida, ma per il solo fatto di essere posizionate accanto a stelle molto più luminose non riusciamo a vederle e ad apprezzarle. La nostra dimensione è la provincia e, come dice Ligabue, dalla provincia non si scappa. E da questa dimensione, viviamo tutto in modo più sereno e più umano». C’è Elodie, che rivela quanto si senta «diversa dal primo Sanremo a cui ho partecipato, nel 2017, affrontato troppo di corsa, senza respirare, sono diversa dalla ragazza che ero ancora prima, quando uscii da Amici. Voglio mostrarmi per quello che sono: giocare con la musica, divertirmi e spogliarmi da vestiti che non mi appartengono». E poi c’è Rancore. Il cui nome potrebbe essere la sorpresa degli ultimi scampoli di Festival: «Il mio rap non è semplicissimo da comprendere, in generale il rap a Sanremo è rottura e può essere normale che di fronte ad una rottura ci sia una forma di resistenza». Chi potrà vincere tra loro? Tutti o nessuno. Perché Sanremo è Sanremo.

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