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Arisa a Sanremo con "Potevi fare di più": "Essere felici si può"

"Questo ho capito: in fondo l'amore è una cosa semplice. Ed è il mio messaggio alle donne e a tutti gli uomini"

Arisa… lei è una di quelle artiste che può interpretare qualsiasi cosa. Ma Rosalba è una di quelle donne che non sa cantare quello che non sente suo. «Quando ho ascoltato il brano ho sentito una grande verità, ha soddisfatto il mio bisogno di autenticità. “Scrivilo per te” dico agli autori che scrivono per me. Tanto alla fine dei giri, i sentimenti sono circolari, le emozioni degli altri prima o poi ci appartengono, ci immedesimano». Con quella che verrà saranno sette le partecipazioni al Festival, il numero perfetto, l’unione di terra e cielo. L’abbiamo conosciuta con “Sincerità”, nel 2009 e consacrata con “Controvento”, nel 2014. La ritroveremo sul palco dell’Ariston con “Potevi fare di più”, una ballata «sognante e soffice, decisamente melodica, profondamente viscerale».

Partorita dalla penna di Gigi D’Alessio, vicina a quella napoletanità materna che confina con la sua Basilicata d’origine, legata ai sentimenti di quella parte bassa d’Italia che ha fatto scuola nel mondo. Dove ci si adatta (talvolta adagia) a tutto. “Potevi fare di più” è una canzone terapeutica, una specie di esorcismo. Nera e luminosa insieme. «Un messaggio alle donne e a tutti gli uomini. Un modo per dire che quando siamo in relazioni che non ci fanno felici, bisogna andarsela a cercare quella felicità e assumersi la responsabilità del proprio disagio. Si può fare!».

Le ripercussioni sulle convivenze ristrette, i conti con la conoscenza reciproca… «l’impatto emotivo del lockdown ha tirato fuori la verità dei rapporti. Amori tossici capitano a tutti, capita di cercarsi anche solo quelli. Ma le difficoltà ci mettono a fuoco, senza non ci faremmo neppure le domande. In fondo l’amore è una cosa semplice, questo ho capito. E se si sta bene, si sta bene e basta. L’amore facile non è peccato».

Certo, questo sarà un Sanremo diverso, di rinascita dicono, magari anche di (in)coscienza. Arisa e il suo staff hanno preso una casa «per vivere in armonia e provare a fare promozione come possibile. Non si può fermare tutto, può essere l’occasione per rimettersi in bolla. Gli artisti sono privilegiati e quando una cosa ti dà tanto, devi restituire altrettanto. Cautela non è morte. Siamo intrattenitori, bisogna tornare a cantare, adattarsi, provarci e farcela. Anche senza platea, anche se mi mancherà la calca, la festa, la tranquillità, mettere in vetrina il mio progetto. Le voci hanno bisogno di uscire dall’apnea a cui sono state costrette e io canterei ovunque, anche perché sono un disastro nel resto, mi sa che sto sulla Terra per questo!».

Camaleontica, caleidoscopica. Una che non sai mai chi ti troverai davanti. La voce per mostrarsi e l’aspetto per farsi sentire. Una cifra stilistica inconfondibile ma senza riferimenti che… perché mai quest’anno dovrebbe essere diverso? In fondo guardare ed ascoltare sono due mondi che possono separarsi, che si completano senza avere l’uno bisogno dell’altro. «Chris (Martin) dei Coldplay, senza vederlo, lo avrei sposato. Potrei innamorarmi e fare l’amore al telefono per tutta la vita». D’altro canto, «“Sincerità” non avrebbe avuto lo stesso riscontro senza occhialoni e calze di filanca. Amo vestire la canzone, da esteta ed estetista quale sono. Vedermi diversa mi offre altri punti di vista su me stessa».

Un album inedito che sarà pronto in primavera (di cui “Potevi fare di più” sarà il primo singolo estratto), un’etichetta indipendente come Belive (dopo i travagli con Warner e Sugar) e i consigli accessibili e sensibili di Gigi. «Oggi sono padrona della mia musica. Prima non ero in grado, non ne ero sicura. Ora mi butto, do dignità ai miei sentimenti e, se penso che una cosa sia bella, vado avanti senza vergogna». In questo tempo senza tempo eppure pieno di tempo «ho composto canzoni, ho preso coraggio e scritto in napoletano. Sono in una fase di crescita, che non significa per forza puntare in alto, è semplicemente restare diritti. Una cosa l’ho capita: posso fare a meno di tutto tranne che di me stessa». “Sincerità”.

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