«Buona domenica». Alla richiesta di «due parole» sul 72/mo Festival di Sanremo (1-5 febbraio), Amadeus ha risposto così all’uscita della concattedrale di San Siro, dove ha seguito la messa, per poi tornare subito al lavoro. «Oggi non si parla di Festival», ha aggiunto, dirigendosi con una delegazione Rai verso via Matteotti, il corso che conduce al teatro Ariston. Il perché Amadeus abbia voluto partecipare a una funzione religiosa nella centralissima chiesa di San Siro, inevitabilmente sotto i riflettori, anziché in un luogo più periferico, si spiega col fatto, che la messa era officiata da don Fabrizio Gatta, ex giornalista Rai per 20 anni, amico del direttore artistico e conduttore del Festival. Don Gatta il 7 dicembre scorso, proprio nella concattedrale, è stato ordinato sacerdote.
Don Gatta, "che sorpresa Amadeus alla messa"
Nato e cresciuto a Roma, i suoi familiari hanno origini sanremesi. «E' stata proprio una sorpresa vedere arrivare Ama con Lucio Presta e Gian Marco Mazzi. Sono venuti in sagrestia a salutarmi prima della celebrazione delle 11.15 e ci siamo abbracciati come vecchi amici e colleghi». A parlare è don Fabrizio Gatta, l’ex giornalista Rai ordinato sacerdote il 7 dicembre scorso. «Ci siamo poi scambiati un po' di messaggi e ci siamo ripromessi di vederci a breve, magari in una pausa della Festival o domenica prossima. Le porte della chiesa sono sempre aperte e se vorranno tornare per una preghiera, sarò felicissimo. Spero che sia un Festival di gioia». Don Gatta racconta anche la partecipazione di Amadeus e gli altri alla messa. «Con la luce negli occhi si sono seduti al primo banco della chiesa e ho visto che hanno seguito la celebrazione e l’omelia con partecipazione e passione. Oggi, tra l'altro, è la 'domenica della parola' ed ho detto all’assemblea quanto sono importanti le parole, che devono essere di mansuetudine e di carità. Ovviamente chi ha la responsabilità di un mezzo televisivo va incontro a responsabilità e sono sicuro che Ama le sente sulle proprie spalle. Dobbiamo essere testimoni, non tanto credenti ma credibili della nostra fede».