Giovedì 26 Dicembre 2024

Sanremo: Ludovico Gullifa, è messinese l'autore con cui Amadeus costruisce la scaletta

Ludovico Gullifa, autore Rai
Ludovico Gullifa, autore Rai
Ludovico Gullifa, autore Rai
Ludovico Gullifa, autore Rai
 
 
 
Fiorello - 10
 

Bugo va via dal palco e non si sa cosa fare, Blanco prende a calci le rose e poi bisogna ripulire il palco, Grignani ferma l’orchestra perché non sente la voce, come ieri sera: gli imprevisti sono all’ordine del giorno soprattutto se sei al Festival di Sanremo, il più importante programma italiano. E allora c’è qualcuno che deve prendere una decisione in tempi rapidissimi e rimettere in linea di galleggiamento la barca Festival per portarla in acque tranquille. Serve un “mago della scaletta”, uno capace di giocare con il programma come fosse un tetris dove tutto deve incastrarsi alla perfezione. E quel mago è messinese, si chiama Ludovico Gullifa, 43 anni, uno degli autori del Festival della canzone italiana, l’unico della Rai (assieme ad Amadeus, Paolo Biamonte, Barbara Cappi, Alessio De Stefani, Massimo Martelli, Gianni Morandi, Sergio Rubino e Federico Taddia). Lo è – di fatto – da 12 anni, «vissuti con un’emozione straordinaria, con la tensione che un evento del genere richiede, ma anche con l’orgoglio di far parte di una famiglia, la Rai, e poi in particolar modo quella del Festival che regala uno spettacolo del genere a tutta l’Italia». Non è uno che ama i social e la prima fila, all’apparire preferisce l’essere. È l’uomo ideale del dietro le quinte, quello che non si vede e fa i fatti. Ma per la Gazzetta del Sud ha fatto un’eccezione, ha deciso di raccontarsi, di salutare la sua città, la sua Messina. Lo incontriamo la mattina del terzo giorno del Festival, all’indomani dell’ennesimo record. «Stiamo davvero facendo qualcosa di incredibile – attacca – sono numeri pazzeschi. Non so a quando si debba risalire per avere un 62% per la seconda serata. Ma ancora è lunga, andiamo avanti». Ludovico facciamo un passo indietro. Parliamo della tua Messina, dove torni ogni anno. «La mia splendida città. Non lo dico perché parlo con voi, chi mi conosce lo sa da sempre. Adoro la mia Messina, per me ad agosto non esistono altri lidi o altre vacanze, per me esiste solo Messina. E vale lo stesso per mia moglie Marina e per la mia bimba Maria, di 3 anni. Ci torno sempre perché lì vivono mio padre Francesco e mia madre Maria Grazia, mentre mia sorella Angela ormai ha lasciato la Sicilia come me e vive a Milano. Messina ha certamente mille difetti e mille contraddizioni, ma credetemi, per chi vive fuori è più facile amarla e apprezzarla. Ho sempre vissuto sul viale Europa, ma in estate mi trasferivo a Pezzolo, quello è il borgo della mia fanciullezza. E poi c’è il Messina, la mia squadra. Ragazzi, io sono cresciuto andando al “Celeste” in gradinata a tifare per Schillaci, Caccia, Catalano. Vi svelo una cosa di cui non mi vergogno assolutamente, anche se i miei colleghi mi prendono in giro. Lo scorso weekend eravamo riuniti con Amadeus per definire gli ultimi dettagli e io avevo il telefonino sintonizzato su Messina-Cerignola. È un richiamo troppo forte». E da Messina alla Rai come si arriva? «Avevo 18 anni, mi ero appena diplomato al tecnico “Verona-Trento” e a scuola mi avevano parlato di uno stage-collage a Roma. Mi iscrissi e mi presero: eravamo in 20, si parlava di multimedialità. Oggi è facile, ma nel 1998 di queste cose ne parlavano in pochissimi. Da lì cominciai a collaborare con la Rai dopo un colloquio e mi presero, anche se ovviamente con un contratto a tempo determinato. Ho cominciato con Rai Educational e nel frattempo frequentavo l’Università in Scienze della Comunicazione. Di fatto ho cominciato come redattore multimediale, in sintesi mi occupavo della sfera dei contenuti editoriali di alcune trasmissioni. Quindi il passaggio a Rai 3, dove sono stato un annetto e dopo un colloquio con il capo struttura l’approdo a Rai 1, dove ho lavorato a gran parte delle trasmissioni del prime time». Quindi l’incontro con Claudio Fasulo, dirigente e storico autore Rai, che ti vuole al Festival di Sanremo. «Ho cominciato con il secondo Festival di Gianni Morandi, che ho ritrovato quest’anno. Che personaggio, che uomo. Con la sua semplicità rende tutto umano, ma l’avete visto con la scopa in mano. Nessuno di noi se ne era accorto, ha trovato la scopa ed è entrato sul palco. Poi ho fatto i festival con Fabio Fazio, i due di Carlo Conti dove ho cominciato a lavorare ai testi, quindi i due di Claudio Baglioni. Da quel momento sono diventato l’uomo della scaletta e adesso i quattro con Amadeus. In mezzo anche l’Eurovision, perché io di fatto sono stato l’uomo Rai che ha accompagnato i Maneskin a Rotterdam. Eravamo come una nazionale, 20 persone in pullman. Una delegazione. Vincere è stato fantastico, come l’Italia di Mancini in Inghilterra. E a quel punto l’organizzazione dell’edizione in Italia, dove abbiamo fatto un lavoro pazzesco. Altro che Sanremo, lì non potevamo sbagliare davvero una virgola. Tutto calcolato nei minimi dettagli». Di Amadeus e di questa edizione parliamo dopo. Parliamo in generale del Festival di Sanremo. Quando cominciate a prepararlo? «Ci lavoriamo in concreto sei mesi. Si comincia a settembre, perché non dimenticate che per noi prima c’è Sanremo Giovani e Amadeus ci tiene tantissimo. Non è un caso che abbia portato sei “giovani” a questo Sanremo. Ascolta tutte le canzoni, in questo è maniacale. E poi c’è il Festival vero e proprio. Ci trasferiamo a Sanremo già nei primi giorni di gennaio e qui comincia il vero lavoro. Io sono l’unico autore Rai, mi confronto con gli altri autori, lavoriamo praticamente a tutto. In manifestazioni come queste non puoi sbagliare nulla». Ma poi ci sono gli imprevisti. Come Blanco solo per citarne uno. Una sorpresa o... «So dove volete arrivare. Credetemi, è come ha detto Ama. Sapevamo che Blanco avrebbe dovuto fare qualcosa con i fiori come nel video, ma quello che è successo non era assolutamente previsto». E a quel punto entri in campo tu, l’uomo d’ordine. «Così mi chiama Amadeus. Io sono il “normalizzatore” (sorride, ndc) perché il Festival di Sanremo è davvero una macchina pazzesca. Pensate che noi durante le serate abbiamo nove blocchi pubblicitari e non si scappa. Devono uscire a quell’ora perché in ballo ci sono milioni di euro: pensate quando accade un imprevisto. Anche pochi minuti, anche un piccolo ritardo può metterti in difficoltà. A quel punto bisogna decidere cosa anticipare, cosa spostare. E credetemi, in una gara come quella di stasera dove ad esempio, c’è il televoto con i suoi tempi non è affatto facile. Da stasera con 28 canzoni comincia il difficile». Un festival così lungo, ogni sera le due di notte e poi Fiorello. Perché? «I numeri danno ragione ad Amadeus. Guardate che numeri fa Fiorello alle due di notte. Alla gente piace, rimangono incollati al video. Credo che ci sia poco da aggiungere. È la forza di Amadeus, ha voluto questo format e sta vincendo sotto ogni aspetto. Un professionista incredibile. Sa essere protagonista e spalla allo stesso tempo. Anche per noi è una sorpresa costante, porta avanti il programma e non c’è polemica o contrattempo che lo scalfisca. Sa dove deve arrivare e ci arriva. Sa passare in un attimo da tempi istituzionali a tempi da gag. E poi guardate che credibilità: ha riportato i grandi della musica italiana, quelli che riempiono gli stadi». In tanti anni di Sanremo qual è il contrattempo più difficile che hai dovuto affrontare? «Se pensate a Bugo e Morgan sbagliate. Parlo del primo Amadeus con la presenza di Fiore: un vero mattatore, un fuoriclasse, che non può essere ingabbiato nel minutaggio. Con lui sul palco per fortuna può succedere di tutto e dopo 10’ si deve cambiare tutta la scaletta ma si fa col sorriso perché a Fiorello si concede tutto. Anzi mentre stravolgi la scaletta lo fai col sorriso perché ripensi a quello che ha appena detto Fiorello». Da siciliano a siciliano.

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