Il «miracolo Striscia la notizia», la trasmissione di satira più longeva della tv al mondo, che ha debuttato il 7 novembre del 1988 ed è sopravvissuta ad ere geologiche della società, della politica, del costume, a volte sorprende anche il suo creatore, Antonio Ricci, che interpreta il rinnovamento «come tanti piccoli, quasi invisibili cambiamenti, che nel tempo ne hanno modificato lo spirito senza disturbare mai chi la segue. Quando i giornali stravolgono la grafica troppo in fretta non piace mai a nessuno». «Mi ricordo quando, per festeggiare i 30 anni del programma, la scenografa Margherita Palli realizzò alla Triennale una installazione che era una nave-torta con 4.400 schermi che trasmettevano altrettanti servizi di Striscia - dice -: quando sono entrato mi sono sentito male. E’ stato terribile vedere tutte quelle immagini e il tempo che era passato: c'era persino Giulio Andreotti da giovane, lui che nessuno di noi poteva ricordare di aver visto giovane». Ricci lo racconta in un’intervista all’Ansa, mentre il programma è pronto a ripartire, stessa ora, stessa rete, da lunedì 28 settembre sempre alle 20.35 su Canale 5. «Il segreto della longevità? E' come il profumo del giaggiuolo - ride -: esiste ma non sai cosa sia. Sono tante cose che si mescolano insieme per giocare su più livelli. E’ un tavolo a quattro gambe». In questa stagione su quel tavolo si siederanno per primi Ficarra e Picone, poi toccherà a Greggio-Iacchetti, Manzini-Scotti e infine ancora Gerry ma con Michelle Hunziker. Partirà con la sigla «dedicata agli asintomatici, che poi i più pericolosi oggi sono quelli portatori di cretinità», per una edizione nel segno dell’Insofferenza. «Sì, lo scorso anno siamo sembrati profetici dedicando l’edizione alla Resilienza, con quello che poi è successo. Ma l’insofferenza, alla mascherina, al distanziamento, al tempo perso per seguire le nuove norme, è invece il senso stesso dell’oggi». «L'insofferenza è palpabile anche nei talk show – continua Ricci -, dove persone equilibrate e insospettabili come Concita De Gregorio si lanciano in intemerate il cui scopo sembra essere solo quello di aumentare la popolarità virale. Invece Concita stava solo tentando di entrare nel Guinness dei Primati: rendere simpatico Sallusti. Ovviamente non ci è riuscita. Anche noi siamo accomunati da una sconfitta simile, anni fa tentammo di rendere simpatico Massimo D’Alema con il «fu fu», ma come ormai è dimostrato, qualunque effetto spettacolare viene superato dalla realtà». A proposito di realtà che supera la fantasia, nel tempo del Covid come è cambiata Striscia? «Noi siamo andati in onda per tutto il lockdown, fino a fine giugno, con una serie di espedienti. Registravamo due o tre volte a settimana, poi si facevano stacchi con lanci neutri, cercando di far sembrare tutto più naturale possibile. Ora cerchiamo di tornare alla normalità stando in studio tutti i giorni. Non ci sarà il pubblico e non sarà facile per una trasmissione anche comica, ma del resto all’inizio Striscia era senza pubblico, nemmeno questa è una novità». Nella prima puntata ci sarà un omaggio a Philippe Daverio, con un «servizio inedito che avevamo bloccato proprio per il Covid perché registrato prima. Daverio ci mancherà moltissimo e per ora non sarà sostituito». Ci saranno ovviamente le Veline: confermatissime Shaila Gatta e Mikaela Neaze Silva. «Loro mantengono nel tg il ruolo di varietà. Le critiche? Sono naturalmente creatrici di polemiche, eliminarle da una trasmissione che cerca la provocazione non avrebbe senso». Rimangono gli inviati storici, torna il deepfake che nella scorsa edizione ha fatto molto scalpore, arrivano invece nuovi comici come Andrea Rivera e Angelica Massera, «ma poi ne arriveranno anche altri, non saranno i soli nuovi», spiega Ricci. «Rivera lo seguo da tanto tempo e dopo quella di Salvini le sue interviste al citofono mi sono sembrate di grandissima attualità. Del resto noi a Lupo solitario nel 1987 facevamo le interviste citofoniche parodiando i giornalisti dei tg che andavano ad interrogare madri a cui magari hanno ucciso i figli». Ma Ricci, il papà del programma più dissacrante della tv italiana, non si sente anche un po' il capostipite degli haters? «No, perché la critica dell’hater è fine a se stessa, mentre Striscia lo fa con uno scopo, con intenzione a volte mielosamente edificante, che poi mi fa schifo anche quello. Io piuttosto amo il gesto atletico, la rovesciata al volo. Come quando lavoravo con Grillo, eravamo lanciati sul bob a due, mancava il frenatore». A proposito, Grillo? «Ci sentiamo ogni tanto, ma oramai parliamo spesso solo del passato. Dissento assolutamente poi da quello che ha detto a proposito dell’estrazione a sorte dei parlamentari. Dall’esperienza di Striscia so che i giochi basati sulla cosiddetta casualità sono taroccati o taroccabili».