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Dalle passerelle alla corsia: la scelta di Elisa Bruno, modella di origini calabresi

È scesa dalla passerella per entrare in un reparto di terapia intensiva Covid. Ha tolto trucco e abiti da sera, per indossare "un'anonima" tuta bianca. Si chiama Elisa Bruno, 25 anni, fin da giovanissima modella toscana e non solo. Poi la svolta e la decisione di rispondere "presente" alla chiamata di volontari dell'ospedale di Bologna per dedicarsi a chi lotta contro il virus. "Non potevo dire di no", racconta a LaPresse.

Elisa Bruno è originaria di Marlia, nella provincia di Lucca: papà calabrese e mamma toscana. Laurea a Pisa in infermieristica, master a Lucca come infermiera di famiglia e di comunità. Nel mezzo centinaia di sfilate. La sua passione infatti è la moda, lavorando con l'agenzia versiliese Al.So Eventi. Un anno fa si sposta a Bologna per lavorare al reparto di cardiochiururgia pediatrica del Policlinico Sant'Orsola. "Senza mai abbandonare la moda - spiega - ho continuato a fare la modella nei turni liberi da lavoro. L'ultimo evento? Pochi giorni fa, per un salone di auto a Empoli".

"Terapia intensiva covid, tre parole che racchiudono un mondo - scrive in un post su Instagram -  La mia scelta di venire in questo reparto l’ho presa senza pensarci due volte, da volontaria e con il sorriso sempre addosso. Non mi piace sentirmi chiamare “missionaria”, non faccio questo mestiere per “vocazione”.
Ho scelto di diventare infermiera 5 anni fa e sono sempre pronta ai cambiamenti, alle nuove esperienze, a imparare cose nuove, a continuare gli studi per conoscere sempre più cose. Stare vestita tutto il giorno non è per niente semplice, è molto faticoso, si suda parecchio e si lavora con più difficoltà, inoltre c’è la costante paura che al posto dei tuoi pazienti ci possano essere i tuoi genitori, i tuoi fratelli, i tuoi amici. Comunque sono sicura che la terapia intensiva covid mi darà tanto, mi farà crescere sia a livello lavorativo e pratico, ma sopratutto psicologicamente, perché adesso vivo l’emergenza in prima persona, non solo tramite la televisione. Sono fiera di lavorare in questo reparto e non me ne andrò, finché ci sarà bisogno di me".

Da una settimana Elisa ha cambiato reparto. Ora lavora in terapia intensiva. "Nel mio settore, causa covid, sono diminuiti drasticamente gli interventi programmati. La caposala ha chiesto chi di noi volesse andare al reparto covid, dove c'era bisogno di personale. Non ci ho pensato due volte: mi sono fatta avanti per prima".

Così gli abiti da sera, i tacchi, il trucco e le acconciature sono diventati, almeno per ora, un ricordo. Da sotto un riflettore, alla fredda luce dei neon della corsia. "Adesso lavoro con copricalzari, tuta, cappuccio, due mascherine, cuffia, visiera e tre paia di guanti. Lavorare così è dura, perdi qualsiasi sensibilità. Ma certo - scherza - anche rimanere 9 ore in piedi coi tacchi non era mica facile". Torna subito seria: "Questo lavoro, a differenza della moda, ti impegna moltissimo anche mentalmente: è dura".

Il salto è stato enorme. "Mi è sempre piaciuto stare a contatto con le persone, ed ora ho la possibilità concreta di poterle aiutare. Mi riempie il cuore sapere che i tuoi piccoli gesti possono significare tanto per chi sta male". La situazione trovata al reparto covid del Policlinico di Bologna è tragica. "Fino a un paio di settimane fa il reparto era una terapia semintensiva, ora siamo tornati a intubare. È terribile trovare una persona, a cui non sembra di stare poi così male, con valori del sangue tali da richiedere di essere intubata. Purtroppo, è quello che fa questa malattia: ti indebolisce i polmoni, fa sì che i valori nel sangue arterioso diminuiscano, senza quasi accorgersene".

Per ora tempo per le sfilate pare non ce ne sia. "Ero abituata a fare la pendolare tra la Toscana e Bologna e a sfilare nelle serate libere. Qui i turni sono più massacranti, forse per un po' mi fermo. Ma solo per un po'. Non me ne pento: qui sto crescendo come persona, per le sfilate ci sarà tempo in futuro. Ho comunque intenzione di continuare a studiare. Faccio un appello, soprattutto ai miei coetanei. È dura rimanere in casa 24 ore, io sono fortunata perché posso uscire per lavoro. Ma c'è da fare ancora uno sforzo, rispettare al massimo tutti gli accorgimenti per cercare di limitare la diffusione del virus".

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