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Dallo speck alla finocchiona, fino ad arrivare alla 'nduja. Ecco i salumi più amati dagli italiani FOTO

Uno dei cibi più amati e versatili della nostra tradizione culinaria: in testa per preferenza i prosciutti cotti e crudi, seguiti a ruota dalla regina degli insaccati, la mortadella, dai wurstel e dallo speck.

E per dirla con Giuseppe Pulina che alla carne e ai suoi "derivati" ha dedicato una piccola enciclopedia unica nel suo genere “Carnipedia” (Franco Angeli editore) “i salumi fanno parte dell’anima profonda dell’Italia: sono il cibo della ricostruzione post-bellica  e la mortadella, una delle glorie nazionali, è stata immortalata da Mario Monicelli nel film omonimo con Sofia Loren e Gigi Proietti ed è servita ad Andreotti per mantenere per lungo tempo ottimi rapporti con il cancelliere tedesco Kohl che sembra la amasse particolarmente”. Insomma, non solo gusto, ma anche capacità di mantenere buoni rapporti diplomatici, fra le virtù dei salumi italiani...

Un prodotto sublime dalla storia eccezionale che nasce, lo ricorda sempre Pulina nel suo trattato per carnivori, dalla necessità di conservare i cibi e preservarli dalle aggressioni esterne, non è un caso che “fra le tante tecniche [di conservazione], le più̀ diffuse sono l’essicazione, la salatura e l’affumicatura, tre modalità̀ che, insieme alla maturazione operata da batteri utili, stanno alla base della produzione dei salumi”.  Un prodotto che non è retorica definire simbolo del Made in Italy: fra IGP e DOP, infatti,  il nostro paese conta più di 40 specialità e ogni regione vanta almeno un salume tipico, tanto che operando una selezione - che non può che essere personale e arbitraria - è possibile ricostruire un giro d’Italia in 20 bocconi pregiati e… sapidi.

Il lardo della Valle D’Aosta

Partiamo da nord-ovest, dalla Valle D’Aosta. Sulle guide della regione si legge che "L'autarchia economia di sussistenza che ha caratterizzato le nostre vallate fino a mezzo secolo fa, rendeva necessaria la conservazione domestica della carne dei rari animali che venivano macellati, in genere all’inizio dell’inverno”. E come spesso capita, è proprio la necessità a stimolare la nascita di prodotti eccezionali. È il caso del Lardo di Arnad, prodotto valdostano tipico della “bassa valle”, il tratto che va dal confine con il Piemonte alla stretta del Montjovet, noto per maiali ben ingrassati con una dieta ricca di castagne. Questo lardo è un prodotto unico, ricavato dallo spallotto del suino e tagliato in pezzi spessi almeno 3 cm, viene messo in salamoia con erbe aromatiche raccolte in zona e stagionato nei tradizionali doil (cassoni di legno di forma cubica). Neanche a dirlo questo lardo ha ottenuto la denominazione DOP e ha anche una sagra interamente dedicata che si tiene ovviamente ad Arnad l’ultima domenica di agosto.

Prosciutti, Speck, Bresaole e Mortadella del Centro Italia

Proseguendo il nostro viaggio incontriamo i grandi classici della salumeria italiana, su cui resta davvero poco da aggiungere. Parliamo del Prosciutto cotto, specialità piemontese, alleato di mille cene last-minute e di tante merende gustose, parliamo di Bresaola, salume d’eccezione della Valtellina, amato da sportivi e da chi vuole mantenersi in forma, e di Speck trentino. Parliamo ancora di Prosciutto crudo San Daniele, prodotto tipico del Friuli e di Mortadella prodotta in Emilia e, pochi sanno, anche in Liguria (anche quella IGP contempla il pistacchio).

La Sopressa vicentina

Bisogna arrivare in Veneto per scovare una chicca, la Soppressa vicentina, un insaccato prodotto unicamente in provincia di Vicenza, nella zona compresa tra le Dolomiti, l’altopiano di Asiago e i Colli Berici, solo con maiali locali allevati allo stato brado. Deve il suo nome al termine dialettale veneto “sopréssare”, cioè schiacciare, pressare, conosciuto a partire dalla metà del Novecento, questo salume era una portata tipicadelle feste contadine di mezza estate.

Finocchiona toscana e Ciauscolo marchigiano

Finocchiona e Ciauscolo, due leccornie originarie rispettivamente della Toscana e delle Marche. La prima, lo dice il nome stesso, ha uno spiccato aroma di finocchio che ne fa la sua fortuna anche in affari. Era usata, infatti, fin dal Medioevo per accompagnare e camuffare nel sapore anche i vini peggiori.

Tanto che un antico detto recitava “come gli abili parrucchieri son capaci di far sembrar piacente anche la donna più brutta, così l’aroma della Finocchiona è capace di camuffare anche il sapore del vino più imbevibile”, ecco perché ancora oggi “lasciarsi infinocchiare” assume il significato di farsi imbrogliare.

Il Ciauscolo invece è ottenuto dalla doppia macinatura di tagli pregiati di carne suina, fra cui pancetta, spalla e rifilature di prosciutto e lonza. Frutto della tradizione contadina marchigiana nella quale tutti i prodotti derivanti dalla macellazione del maiale costituivano una riserva preziosa per passare l'inverno, la parola “ciauscolo” deriverebbe dal latino ciabusculum, cioè piccolo pasto o piccolo cibo da portare con sé in campagna.

Lonza umbra, Porchetta di Ariccia, la Ventricina abruzzese e la Soppressata molisana

Ma il centro italia è ricco di specialità nel campo dei salumi, pensiamo alla Lonza umbra, salume saporito e speziato dall’alta percentuale di grasso che mantiene la carne sempre morbida, oppure alla Porchetta di Ariccia, più che un piatto tipico, un’istituzione, quasi un credo che dalle fraschette - le osterie laziali senza cucina dove si serve pane vino e salumi - fa proselitismi in tutto il mondo. Bisogna giungere in Abruzzo per trovare la Ventricina, salume tipico che deve il suo nome al ventre del maiale, anticamente veniva usato proprio lo stomaco dell’animale per l’insaccatura.

Realizzato con tagli pregiati e rigorosamente in punta di coltello, questo è uno dei salumi più costosi d’Italia. Considerata la regina dei taglieri da aperitivo, la ventricina è buona anche cotta e si usa nei ragù e come ripieno per la pasta fresca. Il Molise dà il suo contributo a questo viaggio enogastronomico portando in dote la Soppressata, un insaccato dal gusto speziato, dove alle carni pregiate tagliate a mano viene aggiunto pepe in grani e la cui stagionatura avviene nel budello di maiale che conferisce alla preparazione note inconfondibili.

Salame Napoli, il Pezzente lucano, il Capocollo di Martinafranca e la Nduja calabrese

E il Sud Italia non ha certo meno da dire in fatto di salumi, a cominciare dal Salame Napoli che a dispetto del nome si produce in tutta la Campania e che storicamente era considerato un bene prezioso, meritevole di essere scambiato per prestazioni professionali e consumato solo in occasioni importanti.

Restando nella grande famiglia degli insaccati e scendendo in Basilicata incontriamo il Pezzente, una salsiccia che deve il nome poco lusinghiero al fatto che la carne adoperata per la sua produzione è la meno pregiata del suino. Ma questo non ha alcun effetto peggiorativo sul gusto, dal sapore più o meno affumicato, il Pezzente (o la Pezzente o ancora Sauzizzon’) infatti sprigiona aromi di paprika dolce, di peperoni di Senise e di aglio fresco.

Mettendo piede in Puglia si incontra il Capocollo di Martinafranca, prodotto che restituisce tutta la sapienza dei macellai della Valle D’Itria e come suggerisce il nome è fatto con la carne della zona cervicale del suino. La Calabria invece è famosa per la Nduja, un salame spalmabile da usare così com’è sul pane o da aggiungere a sughi e ripieni (le famose imbottiture) per dare forza ai sapori.

Il Salame di Sant’Angelo e la Salsiccia Sarda

Con le isole si conclude questa esplorazione gastronomica, una selezione arbitraria, è bene ricordarlo, che potrebbe ricominciare molte volte portando alla ribalta altrettanti nuovi salumi. Le isole dicevamo. Il salame Sant’Angelo è una specialità siciliana dal colore brillante e dal sapore delicato che si fa trattando in punta di coltello solo le parti più nobili del maiale, tipico di Brolo, cittadina del Messinese.

Questo insaccato deve le origini intorno all’undicesimo secolo alla colonizzazione normanna che importò sull’isola nuove abitudini alimentari. Ultima ma solo per ordine geografico la Salsiccia sarda, riconoscibile per la sua classica forma a ferro di cavallo, è una specialità ottenuta amalgamando con equilibrio parti magre e grasse del suino a grana grossa a cui si aggiunge sale marino, pepe, aglio fresco tritato e aromi naturali.

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