Esiste anche una guerra che coinvolge gli animali in Ucraina, soprattutto cani e gatti. Molti sono fortunati perché i proprietari decidono di fuggire insieme a loro, ma per quelli che vivono nei rifugi e negli allevamenti, molti dei quali fuori da ogni controllo, la situazione è drammatica e la loro vita è appesa a quella di chi si prende cura di loro. «Molti allevatori ucraini non sono in regola - spiega Valentina Bagnato, responsabile di Oipa international (Organizzazione internazionale protezione animali) - Tanti cercano di uscire dal Paese portandone anche 30 cani, stipati in furgoni che viaggiano anche per 50 ore.
Fermati alla frontiera perché secondo il regolamento europeo del 2013 non possono uscire
Ma alla frontiera vengono fermati perché secondo il regolamento europeo del 2013 non possono uscire più di 5 animali alla volta e non allo scopo di vendita, tutti con passaporto, vaccini e antirabbica che è richiesta per i cani che escono dall’Ucraina. Alcuni riescono a passare quando ci sono veterinari alla frontiera che chiudono un occhio vista la situazione di emergenza». In Italia il ministero della Salute ha predisposto una deroga al regolamento, per via della guerra, che permette l’ingresso nel nostro Paese di animali sprovvisti di passaporto Ue, «ma in Polonia non è così - continua Bagnato - e il rischio è che questi animali vengano suddivisi in gruppi e poi rivenduti al mercato nero, quando non abbandonati».
Il Rifugio Kj2 che ospitata 400 tra cani, gatti, cavalli, mucche, pecore, maiali, oche, galline
Diversa la situazione nei rifugi. Andrea Cisternino, fotografo di moda e di Formula 1, vive a nord di Kiev dove ha aperto il Rifugio Kj2 che ospitata 400 tra cani, gatti, cavalli, mucche, pecore, maiali, oche, galline. «Hanno ancora cibo per una settimana o dieci giorni - racconta Riccardo Laganà, il referente italiano del rifugio - Gli animali stanno mangiando una volta al giorno, ma è meglio che niente. Lanciamo un appello: cercare di trovare un corridoio per portare aiuti non economici ma viveri per questi animali. Oggi è tornata la neve, il generatore non funziona sempre e lì ci sono solo Andrea e due volontari, con le bombe che esplodono vicine». Sara Turetta, presidente di Save the dogs, associazione che si occupa della gestione del randagismo tra Italia e Romania, lavora ininterrottamente da giorni: «Chiediamo a gran voce, insieme alle associazioni in Romania, che almeno per la durata della guerra le compagnie aeree low cost accettino gli animali in cabina verso ogni destinazione, altrimenti si rischia che i profughi siano costretti a lasciarli nelle strutture già in sofferenza. Stiamo preparando una petizione internazionale».
"Questi animali devono essere adottati e non dati in vendita"
Il suo lavoro si concentra alla frontiera Sud dell’Ucraina: "Portiamo lettiere, ciotole, trasportini, cibo ai profughi che arrivano con i loro animali. Nei rifugi la situazione è drammatica e il cibo scarseggia. La difficoltà più grande è proprio quella di far arrivare gli aiuti oltre il confine. Nell’aeroporto di Otopeni di Bucarest forniamo trasportini per cani e gatti per consentire a chi si muove con gli animali di continuare il viaggio». Un altro appello lo lancia Carla Rocchi, presidente dell’Enpa (Ente nazionale protezione animali): «L'Enci (Ente nazionale cinofilo italiano) si attrezzi per accogliere i cani degli allevamenti ucraini. Questi animali devono essere adottati e non dati in vendita, qualunque cane ha diritto a essere accolto».