È bastato un tweet da tifoso, per cancellare 22 mesi di solidarietà per una detenzione dovuta a reati d’opinione: Patrick Zaki si è infatti ritrovato le proprie bacheche social piene di minacce, insulti, compresi auguri di ritornare presto in galera. Non c'entrano posizioni politiche o diritti umani, ma solo uno sfogo per un gol in una partita di calcio. Lo studente egiziano, arrestato nel febbraio 2020, rilasciato dopo 22 mesi di detenzione, ma ancora in attesa di una sentenza, è un grande appassionato di calcio ed è legatissimo a Bologna, la città dove studiava, che è stata compattamente in prima linea per chiedere la sua liberazione e che in ogni occasione ribadisce come la «sua città».
L'impresa mancata del Bologna allo Juventus stadium
Inevitabile, anche il legame con la squadra che la città rappresenta e che, dal canto suo, non ha fatto mai mancare la vicinanza a Patrick, invitandolo allo stadio quando potrà tornare in Italia e inviandogli una maglia autografata da tutti i calciatori. Sabato sera il Bologna stava compiendo un’impresa allo Juventus stadium, quando il centravanti bianconero Vlahovic ha pareggiato in pieno recupero, dopo che l’arbitro aveva espulso due giocatori, fra le proteste della squadra ospite. Una situazione che ha fatto arrabbiare i tifosi del Bologna, compreso Patrick Zaki che, a caldo, ha scritto un tweet nel quale commentava la partita adombrando pagamenti da parte della Juventus. Da allora, sulla sua bacheca, è un continuo di commenti, soprattutto di tifosi juventini, che contestano le sue parole, in alcuni casi anche con insulti e minacce, tirando in causa la sua vicenda giudiziaria in Egitto, dove rischia una condanna per reati d’opinione. «Se non posso dire la mia sul calcio senza essere attaccato - ha commentato amaro Zaki - non sono sicuro di come dovrei recuperare la mia voce in questioni più importanti».
Zaki: attaccato dalle stesse persone che una volta mi sostenevano
La vicenda è stata denunciata da Amnesty International. «" 'Stai parlando troppò - dice il portavoce Riccardo Noury - è uno dei commenti, tra insulti e altre minacce, pubblicati nelle ultime ore nei confronti di una persona che, per 22 mesi, ha perso la parola in una prigione egiziana e sta ancora sotto processo: Patrick Zaki. Tutto per un tweet da tifoso. State messi male». Smaltita la delusione calcistica, lo stesso Zaki è tornato sulla vicenda con un lungo post accompagnato da una sua foto con la maglia del Bologna. «Mi sono trovato di fronte a decine di insulti e aggressioni - dice lo studente egiziano - fino all’odio. Non mi dispiace avere regolarmente discussioni accese con i tifosi di diverse squadre, amo il calcio e apprezzo questo tipo di divertimento. Tuttavia, quando ho scoperto che la gente sperava che io tornassi in prigione e fossi messo a tacere, mi ha davvero colpito come il discorso d’odio possa essere innescato così facilmente. Sinceramente non capisco come questa escalation sia stata così rapida e perché dopo due anni di silenzio, vengo attaccato dalle stesse persone che una volta mi sostenevano, solo perché ho detto la mia opinione sulla partita». Offese e insulti, però, continuano, soprattutto da parte di persone che mettono sullo stesso piano una partita di calcio con una vicenda che ha a che fare con i diritti umani.
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