Immaginate un tempio che sia anche ospedale e, perché no, che faccia le funzioni pure di una spa. Un luogo immerso in una natura da favola dove riunirsi per pregare o per chiedere ai sacerdoti un oracolo sul futuro. Ma dove poi ci si può immergere, persino in pieno inverno, nell’acqua bollente e curativa di piscine di ogni misura per trovare conforto alle debolezze del corpo sotto gli occhi benevolenti delle divinità. Fondato e vissuto dagli etruschi, che qui erano di casa, e poi passato di mano ai romani con una osmosi di scienza, religione e cultura che sembra avere davvero pochi uguali nel mondo antico, il santuario del Bagno Grande a San Casciano in Toscana era un po' tutto questo.
«Uno spazio di cura e di preghiera» sintetizza Jacopo Tabolli, l'archeologo dell’università per stranieri di Siena che dal 2019 guida la missione di scavo per riportare alla luce l’antico santuario. Un posto meraviglioso, insomma, dove tra le mille sfumature di verde di queste colline si veniva a cercare la salute e a pregare, cullati dall’acqua che qui ancora oggi come 2300 anni fa sgorga dalla terra a una temperatura tra i 38 e i 42 gradi.
A raccontarlo sono prima di tutto gli ex voto: decine e decine di gambe, di braccia, di orecchie e poi ancora di fegati, uteri, peni. Tutti riprodotti in bronzo, la caratteristica che rende questo santuario un unicum del mondo antico. E in tanti casi ricoperti di iscrizioni, vuoi in etrusco vuoi in latino, che poi sono dediche alla divinità e talvolta indicazioni sulle caratteristiche specialissime attribuite a questa acqua.
Ma tra gli oggetti offerti alla divinità e per questo deposti con cura nella vasca più grande e più profonda di tutte - quella riservata al sacro, appunto, dove forse ci si affacciava a pregare ma senza mai immergersi - ce ne sono alcuni che fanno ritenere che questo centro fosse molto di più di un complesso termale. Si tratta di attrezzi medici di ogni tipo, bisturi da chirurgo, uno specillum. Oltre a due incredibili "poliviscerali" in bronzo, in pratica rappresentazioni stilizzate delle viscere umane, che qui però appaiono «accurate come una Tac», fa notare Tabolli. Anche in questo caso si tratta di ex voto offerti alla divinità: «sono di epoca romana ma riprendono nella memoria la tradizione etrusca di cui testimoniano e in qualche modo riconoscono la grande conoscenza medica».
Il santuario del Bagno Grande era insomma un luogo dove la medicina si praticava davvero, con i sacerdoti che probabilmente facevano anche da medici. E sempre seguendo la tradizione etrusca, la medicina qui si accompagnava alla divinazione, con l’aruspice che interpretava fulmini e tuoni, e quindi i segni della natura, e nello stesso tempo «leggeva» le viscere, in particolare il fegato. «Le pratiche divinatorie si legano all’universo medico terapeutico che proprio nei santuari trovava i propri luoghi prediletti», spiega ancora Tabolli mostrando un fulmine in bronzo, bellissimo, anche lui ritrovato tra i doni agli dei della vasca grande, «anche l’acqua qui aveva un potere oracolare».
Una delle ipotesi è quindi che in questo santuario, così importante da essere conosciuto e frequentato dagli esponenti delle classi più agiate e addirittura dagli imperatori, accanto allo scenario spettacolare delle piscine distribuite su vari livelli, con il grande portico, le fontane, gli altari ci fossero altre strutture: luoghi protetti dove alloggiare e trascorrere la notte, ma anche, chissà, sale per le visite mediche e gli interventi chirurgici, stanze per la degenza. Tutti interrogativi che le prossime stagioni di scavo potrebbero contribuire a chiarire, si appassiona Tabolli. Intanto gli esperti chiamati a raccolta dal team di archeologi sono al lavoro per studiare la geochimica di questa acqua. E chissà che oltre duemila anni dopo le conoscenze mediche degli etruschi non si confermino ancora utili.
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