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Addio Pablito, gli scatti: da Maradona a Ronaldo. E quando visitò la Gazzetta del Sud...

Paolo Rossi ha raggiunto il suo apice con la vittoria del Mondiale ’82 in Spagna. Anche dopo la fine prematura della sua carriera è rimasto nel mondo del calcio in qualità di opinionista. Quando indossava la maglia del Lanerossi Vicenza fu ospite della redazione di Messina

"Paolo Rossi in trionfo è tutti noi. II terzo titolo mondiale dell'Italia non si discute come non si discutono i miracoli veri. Adios, intanto tia Espana, adios". Scriveva così Gianni Brera nel giorno del trionfo dell'Italia di Bearzot al Mundial di Spagna. Forse tra i nostri simboli più brillanti, "Pablito" il volto di quella Italia che nel 1982 di colpo fece cambiare idea al Mondo regalando una delle pagine più incredibili dello sport. Un girone da "brocchi", quel destino segnato nel gruppo di Brasile e Argentina e invece... E invece Paolo Rossi... Tre gol al Brasile in un pomeriggio infernale, due alla Polonia, uno alla Germania in finale. Lì, in quel preciso istante, Paolo Rossi detto Pablito (soprannome affibbiatogli da Bearzot) è diventato immortale. E lo è anche oggi, nel giorno in cui il maledetto destino se lo è portato via. Davanti a quella impresa tutto il mondo si inchinò.«Nell’estate del 1982 con i suoi gol ha regalato un sogno a intere generazioni. È stato il simbolo di una Nazionale e di un’Italia, unita e tenace, capace di battere avversari di enorme caratura. Addio a Paolo Rossi, indimenticabile campione. L’Italia ti ricorderà con affetto». Ha scritto su Twitter il presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

Maledetto 2020, ci sta strappando i simboli di quella gioia che è stata. Paolo Rossi, Maradona, Kobe Bryant: simboli e felicità. Quanti abbracci ci hanno regalato, quegli abbracci che oggi sono vietati. Quella felicità che la distanza sta rendendo quasi vietata, persino innaturale. Paolo Rossi e i ragazzi di Bearzot ci hanno regalato un momento di allegria collettiva che non dimenticheremo mai, in un momento difficile per la storia del nostro Paese. Erano gli anni di piombo. Ma quella estate cambiò tutto. Paolo Rossi era già una star, aveva fatto gol a valanga in B col Vicenza e si sarebbe ripetuto eccezionalmente anche in serie A con una squadra che portava sulle maglie e nell’intestazione il nome di Lanerossi. Di quel Vicenza fu l’icona e il simbolo. E quasi un oggetto di proprietà del presidente Giussy Farina che ne manovrava i trasferimenti da un club all’altro, facendolo rimbalzare dal Perugia alla Juventus. A volte lucrandoci sopra, a volte scandalizzando il paese intero. Come quando “alle buste” soffiò Paolo Rossi alla Juventus per 2 miliardi e 612 milioni: era la stessa estate di Argentina ‘78. Farina paragonava Rossi alla Gioconda, e trovava più che legittimo fare follie per lui.

Poi lo scandalo del calcioscommesse. Bearzot che lo vuole e lo difende contro gli attacchi feroci della stampa. A inizio Mondiale sembra un brocco. Poi l'incredibile. Il mito di Paolo Rossi e di quella nazionale imparata a memoria ha segnato l’esistenza di una generazione. Quella squadra è stata simbolo moderno di una Nazione capace di cose straordinarie.

 

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