Stiamo tornando. Inutile sussurrarlo od ostentare con prudenza: il tennis italiano sta viaggiando alla velocità della luce. E lo sta facendo in piena epoca di transizione dai “Fab fuor” (quartetto azzoppato negli ultimi anni a causa degli infortuni che stanno tormentando Andy Murray) alla Next generation. Gli italiani vogliono irrompere nelle posizioni che contano, scalare le gerarchie dell'Atp e rispolverare una storia che per troppi decenni è stata legata al ritornello Pietrangeli-Panatta e company. Una canzoncina un po' âgé che, nel tempo, qualcuno ha provato ad aggiornare (senza riuscirci fino in fondo) negli anni '90. Fatti salvi i due mostri sacri di cui sopra (accompagnati da altri gregari dal braccino d'oro, soprattutto in Davis, ma comunque stelle polari del movimento seppur in due epoche diverse), però, al tennis italiano è sempre mancata una squadra da far tremare i polsi. Negli ultimi mesi l'onda azzurra è montata sempre di più, fino a portare, sistematicamente, 8-10 italiano nella Top 100, incluso il siciliano Salvatore Caruso. Un lusso, soprattutto se paragonato alle vacche magre dei decenni precedenti. Il 2021, in Australia, la consacrazione definitiva.
Melbourne “annessa” allo Stivale
Dall'Australia stanno arrivando le conferme degli indizi lasciati negli ultimi 12-18 mesi: l'Italia c'è e non vive solo delle prestazioni... di un singolo trascinatore. Fabio Fognini e Matteo Berrettini hanno conquistato la finale dell'Atp Cup aggiudicandosi i due singolari contro la Spagna (ko Carreno Busta e Bautista Agut). C'è la Russia ad attendere i portabandiera azzurri. A Melbourne... 2, invece, la scena se la sono presa Jannik Sinner e Stefano Travaglia, prossimi finalisti nel Great Ocean Road Open (Torneo Atp 250). Tutto nel giro di pochi minuti. Perché Melbourne rappresenta la prima tappa di una rinascita attesa per decenni.
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