«Provo tanta emozione, è grandissima, ho già pianto due volte per le sensazioni che mi provoca questa vittoria, arrivata dopo che ho fatto tanti sacrifici per arrivare fin qui e dopo il Tour dello scorso anno (in cui si era ritirato ndr)». Egan Bernal, il colombiano che quando vede le salite si trasforma, ha gli occhi lucidi mentre racconta quanto ha fatto oggi sullo sterrato conclusivo, di 1600 metri, della nona tappa del Giro d’Italia, svoltasi tutta in territorio abruzzese, da Castel di Sangro, paese salito anni fa alla ribalta delle cronache calcistiche per la promozione in Serie B della sua squadra celebrata perfino con un romanzo, a Campo Felice. Da questa regione proviene il "camoscio" Giulio Ciccone, e anche lui oggi non poteva nascondersi. Così ci ha dato dentro di brutto, e alla fine solo Bernal ha fatto meglio di lui, con quell'allungo micidiale che gli ha dato la vittoria di giornata e la maglia rosa. Però Bernal fa sfoggio di modestia e non celebra se stesso, ma la sua squadra, la Ineos Grenadiers. «Era un paio di giorni che 'cercavò la maglia rosa - dice - e oggi non ero sicuro. Ma i ragazzi della squadra mi hanno detto che ce l'avrei fatta, in corsa hanno tirato per me e questa vittoria è più loro che mia». Così, dopo quattro Gran premi della montagna, 3.400 metri di dislivello e un finale inedito, il colombiano ha trionfato spingendo sui pedali fino all’ultimo metro. Anche perché dietro c'era un Ciccone scatenato, e anche Vlasov e soprattutto Evenepoel non mollavano, arrivando staccati di una manciata di secondi. Come dire che il Giro ha trovato il suo protagonista, ovvero il vincitore del Tour 2019, ma sono ancora tanti, in primis Evenepoel, coloro che possono sognare di vestirsi di rosa, magari fino alla fine. Intanto Ciccone mastica un pò amaro, per un secondo posto di giornata che non lo soddisfa fino in fondo: davanti alla sua gente voleva vincere. «Per me oggi sulle strade di casa - dice ai microfoni Rai - era veramente importante fare bene, sentivo molto questa tappa, la gente mi ha dato una spinta in più, ci ho provato e ci sono andato vicino. Ma con un Bernal che andava così forte era difficile, quindi va bene così. In questa settimana ho sprecato abbastanza energie - spiega -, perché mi piace andare all’attacco, e sono arrivato al Giro con altri obiettivi e non per fare la classifica. Ho lavorato per trovare la condizione e ho capito che vado abbastanza forte». Ora dovrà confermarsi, e conoscendone il carattere certo non si tirerà indietro. La tappa, pur essendo dura, era cominciata con tanti attacchi a ritmi folli nelle prime due ore di corsa, e più volte erano riusciti ad evadere dei gruppetti senza però guadagnare un gran margine. Sul Passo Godi, colpo di scena con la Bahrain-Victorious all’attacco con l’uomo di classifica Damiano Caruso supportato da Mader e Mohoric. Ma proprio lo sloveno in discesa cadeva di brutto, riportando un grosso spavento e un trauma cranico. Successivamente c'è stato l’attacco che pareva quello giusto, di 17 corridori, dai quali nel finale evadevano il francese Geoffrey Bouchard e l’olandese Keon Bouwman. Guadagnata una trentina di secondi di vantaggio sulla concorrenza, sembrava che la lotta per la vittoria di tappa fosse riservata a loro due, invece sullo sterrato cedevano di schianto e Bernal rinveniva con un’azione irresistibile. Il colombiano capace di tutto sulla bicicletta, ed ex specialista della mountain bike, è tornato dopo i problemi dell’anno scorso e vuole dimostrare di essere quello del 2019. I suoi avversari sono avvisati. Vincenzo Nibali arriva a 35''. La classifica generale 1. Egan Bernal (Col-Ineos Grenadiers) in 35h19'22'' 2. Remco Evenepoel (Bel-Deceuninck) a 15'' 3. Aleksandr Vlasov (Rus-Astana) a 21'' 4. Giulio Ciccone (Ita) a 36'' 5. Attila Valter (Ung) a 43'' 6. Hugh John Carthy (Gbr) a 44'' 7. Damiano Caruso (Ita) a 45'' 8. Daniel Martin (Irl) a 51'' 9. Simon Yates (Gbr) a 55'' 10. Davide Formolo (Ita) a 1'01''