Filippo buongiorno. Anche lei sta dormendo con la medaglia d’oro vicina al cuscino?
«Certamente, non la lascio mai! Per separarmi da lei ci vorrebbe un... chirurgo».
Come si riesce a passare in pochi giorni dalla comprensibile delusione per i 100 metri non andati secondo le aspettative, all’apoteosi del titolo olimpico in una delle gare-clou del calendario dell’atletica? E quanto è stato determinante sentire il calore e la stima di chi le vuol bene?
«L’affetto è stato determinante. Dopo i 100 metri ero davvero demotivato e vedere le persone che ti vogliono davvero bene rimanerti accanto per sostenerti, dà una forza inimmaginabile. Dopo i 100 ho dovuto cambiare umore in fretta ed era giusto così perché non si trattava più solo di me: c’era da correre la staffetta e lo dovevo ai miei compagni di squadra. Sono troppo contento che tanto impegno sia andato a buon fine».
Una volata irresistibile proprio come Pietro Mennea a Mosca ‘80, nella stessa corsia e battendo sempre un britannico in rimonta, all’epoca Alan Wells: quante volte se la sognerà, ma col dolce risveglio che è tutto vero? E cosa ha provato quando, in questa ma anche in precedenti occasioni, è stato fatto il confronto con l’indimenticabile “Freccia del Sud”?
«Credo ci sia un legame tra me e Pietro. Come se il destino avesse deciso di intrecciare le nostre storie in maniera continuativa e indissolubile. È una sensazione strana, ma piacevolissima. Riguardare la mia gara insieme alla sua fa impressione, sembra di vedere lo stesso atleta in pista: questa cosa mi riempie di orgoglio».
Una rinascita da campione assoluto, dopo aver vissuto negli ultimi due anni sulle montagne russe delle emozioni: l’eccezionale frazione nella staffetta la potrà lanciare verso una nuova svolta?
«Lo spero, per me è così. È una vittoria che mi darà uno slancio incredibile negli allenamenti e negli orizzonti che adesso mi porrò».
Si aspettava l’esplosione di Jacobs? Quanto l’ha sorpresa? E soprattutto il bi-campione olimpico potrà rappresentare per lei una motivazione in più per fare ancora meglio?
«Marcell quest’anno ha sorpreso tutti, ha ottenuto risultati pazzeschi. Sono contento che sia diventato così forte, mi darà grandi stimoli».
Per l’Italia sono stati Giochi indimenticabili: a parte gli straordinari exploit nello sprint, quale vittoria l’ha impressionata maggiormente?
«Una sopra tutte: Tamberi. Ha compiuto un’impresa che rimarrà nella storia. Una gara perfetta, nel giorno che conta di più nella vita di uno sportivo. Non tutti riescono a farlo, specialmente dopo quello che ha passato. È indubbiamente la medaglia più bella delle Olimpiadi».
Lei ha dedicato il successo ai sardi che in questo agosto hanno tanto sofferto per gli incendi che non danno tregua e per il Covid tornato di nuovo a far paura: l’Isola cosa significa per Filippo?
«La Sardegna per me vuol dire casa, famiglia, radici. Ora soffre e ho pensato che questo mio piccolissimo gesto potesse “strappare” un momento di sollievo a gente che ha perso tutto. Il mio pensiero va costantemente a loro».
Salvino papà e allenatore, come avviene in casa degli altri ori olimpici Tamberi e Busà e di Larissa Iapichino. Quando e perché il binomio in famiglia si rivela vincente?
«Non è scontato che lo sia, ovviamente, ma nel mio caso, e in altri che conosco, lo è. Non bisogna però pensare che se un allenatore è anche padre allora è più o meno bravo: questo è un errore che commettono in molti. Mio padre è un allenatore fenomenale, punto. Ci tengo a ricordare che grazie a lui ho ottenuto risultati che nessuno aveva raggiunto prima. Chi non lo riconosce è perché non vuole. Il fatto che sia anche mio papà non aggiunge nè toglie nulla alle sue capacità di tecnico».
Tortu simbolo dello sport azzurro, ma anche studente di Economia alla Luiss per costruirsi un futuro.
«Oggi non voglio prendermi meriti che non ho: quest’anno ho studiato pochissimo per la preparazione olimpica e devo dire che la Luiss mi ha sostenuto in tutto e per tutto e per questo la ringrazio. Ora dovrò recuperare il tempo perduto e sostenere qualche esame, a settembre sarà il mio primo pensiero».
Per il suo strepitoso riscatto, ha forse “preso in prestito” la mentalità vincente della Juventus, di cui lei è grande tifoso? E cosa si aspetta dal ritorno di Allegri?
«La mentalità della Juve andrebbe “adottata” da qualunque sportivo che voglia ottenere successi, perché sono vincenti per natura. E da Allegri non mi aspetto nulla di più di quello che sa già fare benissimo: cioé vincere. Anzi, se potessi chiedergli un piccolo favore, gli chiederei il Triplete».
Persone:
Caricamento commenti
Commenta la notizia