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Gregorio Paltrinieri sulla strada dei miti: “Nuotare mi diverte, vincere soffrendo? È più bello”

Gregorio Paltrinieri a tutto campo per “Gazzetta del Sud”. Uno dei simboli della magica estate dello sport azzurro, un’eccellenza assoluta dell’Italia che vince nel mondo – protagonista anche fuori dalle piscine della love story che fa sognare con la schermitrice siciliana Rossella Fiamingo – ci ha raccontato un bel po’ di cose della sua vita.
Ventisette anni appena compiuti, emiliano di Carpi, Greg in carriera ha già vinto tutto, grazie alla grande voglia di superare qualsiasi limite. Come ha dimostrato quando, da dominatore dei 1500 e degli 800, ha deciso – con entusiasmo e una buona dose di coraggio – di aggiungere alla sua (faticosa) attività in vasca l’esperienza del nuoto di fondo, dove i risultati sono stati ugualmente strepitosi.
Colpito dalla mononucleosi un mese prima delle Olimpiadi, Paltrinieri ha provato a recuperare in tempi-record, compiendo un “miracolo”: argento negli 800 sl e bronzo nella 10km in mare aperto. Roba mai vista.

Quanto carattere, forza interiore e talento ci vogliono per battere la malattia, disputare a Tokyo tre gare diventate giocoforza ancor più massacranti e tornare in Italia con due medaglie?
«Alla fine sono molto contento di come siano andati i Giochi, considerato che fino a qualche giorno prima della cerimonia inaugurale la mia partecipazione era in dubbio. I miei esami clinici erano ancora sballati, ma soprattutto non stavo bene e, a dir la verità, non stavo bene neppure all’arrivo in Giappone. La mia è stata una lotta quotidiana per la “sopravvivenza”, cercavo mentalmente di mettermi in pace con me stesso perché non sarei stato al 100% delle forze e, di conseguenza, non potevo pretendere oppure aspettarmi cose assurde perché, sicuramente, non le avrei realizzate. Però, allo stesso tempo, sapevo che avevo lavorato parecchio e volevo sperare. Speravo che la mononucleosi non avesse compromesso tutto e, quindi, è stato più un gioco di testa. Ho cercato di tirare fuori quello che avevo dentro, a volte anche incoscientemente come tattica di gara, ma era l’unico modo per ottenere risultati».

Il nuoto azzurro splendido anche a Tokyo: da Sydney 2000 e dal leggendario tris d’oro firmato da Fioravanti e Rosolino, abbiamo vissuto un ventennio in clamorosa ascesa. Sin dove ci si potrà spingere in futuro?
«Il nuoto va sempre meglio. Sono in Nazionale dal 2011, da quando avevo 16 anni, e un punto del genere non lo avevamo mai toccato. Siamo cresciuti molto in tutte le specialità, in tutti gli stili e in ogni gara siamo sempre competitivi. E i traguardi importanti che abbiamo centrato negli ultimi anni hanno probabilmente contribuito a stimolare i bambini a emularci. Almeno per me è stato così: vedere Rosolino e Fioravanti trionfare alle Olimpiadi ha fatto crescere in me il desiderio di vittoria. Il miglioramento del movimento è costante e lo sarà anche in futuro visto come si sta lavorando».

Paltrinieri positivo per natura e sempre sorridente, Paltrinieri fuoriclasse anche le (rare) volte che le cose non sono andate come immaginato: mai un alibi, mai una scusa e realtà affrontata con serenità e senza giri di parole. Come si fa?
«Sì, io cerco di avere sempre un approccio positivo e soprattutto mi comporto così perché lo ritengo l’atteggiamento giusto e non perché sia obbligato o perché devo farlo per forza. Mi diverto a competere e a gareggiare e quindi è facile trovarmi sul bordo della vasca contento. È chiaro che non è semplice arrivare a quel livello, perché il nuoto è uno sport faticoso, massacrante, tutti i giorni ci si allena provando in acqua più o meno le stesse cose e per tante ore. Però a spingermi c’è sempre stata la passione».

Con quella faccia bella e pulita, è il figlio e il nipote che ogni famiglia vorrebbe avere in casa…
Greg ride prima di rispondere: «Non lo so, devo dire che me lo hanno già detto. Forse, in piscina, viene fuori questa mia immagine. Ma chiaramente non è solo così. Certo, io nuoto con divertimento e piacere e trasmetto anche gioia. Ma alla fine sono un ragazzo normalissimo, la mia vita non è legata esclusivamente allo sport e, come i miei coetanei, ho diversi interessi».
L’importanza della famiglia. L’Olimpiade azzurra dei record ha valorizzato il prezioso ruolo di genitori, fratelli, nonni, mogli e mariti negli exploit degli atleti: la sua esperienza da condividere?
«La mia famiglia è stata ed è importantissima per me. Dico è stata perché non ce l’avrei mai fatta se non mi avessero supportato in mille occasioni. Sin da quando andavo a scuola e loro mi dovevano accompagnare in piscina e poi riportare a casa per studiare. Il nuoto è una disciplina che devi praticare tutti i giorni, anche due volte al giorno. Quando frequentavo il liceo, spesso mi svegliavo alle 5 di mattina, mi allenavo due ore dalle 5.30 alle 7.30 e alle 8 entravo in classe. Sembra una pazzia, ma se innanzitutto non hai genitori che ti aiutano, non la puoi mai fare. Poi a 16 anni mi sono trasferito da Carpi a Roma ed è una scelta che sicuramente non ho preso da solo. Un grazie, quindi, alla mia famiglia che ha sempre creduto in me, sostenendomi».

Jacobs rappresenta l’immagine indelebile di Tokyo. Ma ci sono altre imprese, altri momenti emozionanti che resteranno impressi nei ricordi di Paltrinieri?
«Più di ogni altro l’oro di Gimbo Tamberi. Siamo amici da tempo ed è la gara che ho seguito con maggiore attenzione perché volevo vedere cosa avrebbe combinato. La sua è stata una prestazione incredibile, “sparata” nel momento in cui serviva. È stato eccezionale per freddezza perché erano anni che non riusciva a centrare un risultato del genere. Ma nella vita c’è una volta in cui conta davvero e per lui era questa».

Il Covid, il lockdown, poi le restrizioni e da qualche mese la campagna di vaccinazione per tornare al più presto alla completa normalità. Come ha vissuto Paltrinieri quest’incubo?
«Periodo difficile e brutto, naturalmente per tutto quello che ha significato la pandemia. Sotto il profilo sportivo, prima ci siamo dovuti fermare e poi è arrivato il rinvio dei Giochi. Disagi su disagi. Io ho cercato di rimanere al sicuro, anche saltando qualche competizione per evitare di ammalarmi. Ho provato a restare sereno, proseguendo la preparazione con la consapevolezza che avrei avuto le mie opportunità. Non c’erano solo le Olimpiadi – dove comunque sono arrivato in cattiva forma non per colpa del Covid – ma anche gli Europei, che mi hanno regalato cinque medaglie. Quindi ho sempre guardato avanti con fiducia».

Federica Pellegrini ha detto basta dopo 20 anni di luminosa carriera: cosa ha rappresentato per lo sport mondiale?
«È stata la più grande campionessa che abbiamo avuto nella storia del nuoto. Ci ha insegnato tanto, soprattutto a livello di perseveranza e longevità. Ha vinto per 20 anni, la sua è stata una carriera clamorosa, solo da invidiare».

Affrontiamo adesso un argomento “serio”: lei, in realtà, voleva diventare un bravo giocatore di pallacanestro… I suoi idoli e cosa le piace di più del mondo dei canestri?
«Sono sempre stato un fan di questo sport, che è la mia passione. Da piccolo avrei voluto anche giocare a basket, ma poi ho iniziato con il nuoto poiché mio padre gestiva piscine. Seguo molto l’Nba perché questo stile “all’americana”, plateale, mi è sempre piaciuto. Koby Bryant il mio idolo, pochi mi hanno ispirato come lui».

In estate ha trascorso un periodo di vacanza e relax in Sicilia e Calabria, regioni che lei conosce e apprezza: cosa le lasciano quando le saluta.
«Quest’anno mi sono concesso un periodo un po’ più lungo di vacanze rispetto al normale, era tanto che non staccavo. Mi sono rilassato, ho incontrato molti amici, abbiamo fatto un bel giro. Ormai sono legato a questi luoghi, soprattutto alla Sicilia, dove sono stato diverse volte. È stato proprio bello. Rossella Fiamingo? Sono innamorato e felice. È successo tutto questa estate, stiamo bene insieme».

Lei ha appena compiuto 27 anni, età già importante per un nuotatore: se si volta indietro, cosa le fa provare i maggiori brividi?
«Della mia carriera mi è piaciuto tutto, forse rifarei le stesse cose, forse no. Di sicuro quando ho preso decisioni determinanti per me, ero convinto di farle. Quindi alla fine non rimpiango nulla. Tanti i momenti significativi. Ricordo su tutti la medaglia mondiale a Barcellona nel 2013: è stata la prima ed ha un valore particolare».

Proiettiamoci già a Parigi: la prestigiosa esperienza di portabandiera è sicuramente un obiettivo a cui poter ambire. E gli altri, anche in avvicinamento ai Giochi del 2024?
«Essere scelto come portabandiera sarebbe emozionante e un vero orgoglio. Manca però ancora tanto tempo e quindi non ci sto pensando. Se ci riesco vorrei continuare a nuotare ad alto livello: piscina o mare o tutti e due. Intanto, proverò a portare avanti entrambi i progetti».

Gregorio come mi risponde se affermo che per una serie di motivi (agonistico, caratteriale, umano oltre al palmares e alla popolarità) lei oggi per me è, in assoluto, il più grande sportivo italiano, un simbolo sulla strada dei miti Mennea, Coppi, Bartali e Tomba?
«Grazie, è una domanda che mi rende fiero. Per me è un onore. Io sono cresciuto seguendo questi idoli. Che vincevano senza doverlo fare a tutti costi e nella mia crescita agonistica mi hanno trasmesso tanto, che è l’aspetto più rilevante. Se io adesso rappresento tutto questo per qualcuno e anche per i ragazzi che seguono o si avvicinano allo sport, la soddisfazione è doppia perché in un atleta di alto livello quello che mi è sempre piaciuto è quando riesce a diventare un combattente, non mollando mai e tirando fuori il massimo nelle situazione che contano. E non è scontato. Vincere quando si sta bene può risultare anche abbastanza facile, ma affermarsi quando stai male e devi lottare e soffrire è il momento più bello. I grandi sportivi ai quali vengo paragonato lo hanno fatto e per me è una incredibile gratificazione».

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