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Djokovic, così No(n)va...x: il Covid, la ‘prigionia’, la maledizione del Grande Slam e un pubblico (ormai) ostile

Se ancora negli angoli più reconditi del pianeta Terra ci fosse qualcuno che non conoscesse Novak Djokovic, il caso Australian Open ha contribuito a colmare la lacuna. Ma noi insistiamo, sciorinando un po' di numeri del cannibale serbo, che con un'ascesa costante si è accomodato (almeno) al fianco degli altri due mammasantissima del tennis moderno: lo svizzero Roger Federer e lo spagnolo Rafael Nadal. Sportivamente e agonisticamente parlando, chi vive questa epoca tennistica deve sfiorare il suolo con le labbra ogni giorno. Una costante goduria, soprattutto se si pensa che lo switch verso la nuova era sta facendo storcere il naso agli esteti più esigenti del circo giallo (dove il giallo sta per il colore della pallina): dalla classe e la tempra dei Fab3 (erano quattro, ma gli infortuni hanno tolto di mezzo, purtroppo, un altro tosto come Andy Murray) si passa alle bordate senza senso ma chirurgiche dei vari Daniil Madvedev, Alexander Zverev, Stepanos Tsitsipas e, perché no, del nostro Matteo Berrettini (in attesa dell'altro cavaliere azzurro, Jannik Sinner), tanto per citare chi occupa i piani altissimi del palazzo reale.

I trionfi del cannibale serbo

I numeri di Djokovic, dicevamo. Se il caso Australian Open non avrà strascichi devastanti per la stagione di Nole, il 2022 sarà l'anno della storia, perché il tennista serbo toccherà il traguardo delle 1000 vittorie in carriera (oggi è fermo a 989) a fronte di poco meno di 200 sconfitte (199 per la precisone): l'83% del totale. In sostanza, l'attuale leader della classifica Atp (del singolare) ha vinto, in carriera, 8 gare su ogni 10 disputate. Ha iniziato a impossessarsi del trono più prestigioso nel 2011 e, salvo sprazzi elvetici e iberici, è rimasto lì con grande continuità. Detiene il record di settimane consecutive in cima (355). Ma nel tennis, più che in ogni altro sport, ci sono vittorie e vittorie, così come ci sono punti con un peso e punti con un altro peso. In entrambi i casi, Djokovic si è dimostrato un cyborg. Nole ha vinto 20 Slam (guarda un po', come Federer e Nadal), 37 tornei Master 1000 (nessuno come lui), 14 tornei Ato 500 e 10 tornei Atp 250. Resta il tarlo della medaglia d'oro alle Olimpiadi (neo condiviso con Roger). Quanto a punti determinanti, il serbo vanta due vittorie in rimonta (entrambe, sempre, contro Federer) nelle finali Slam (Us Open 2021 e Wimbledon 2019) con l'avversario cannibalizzato nonostante due match-point a sfavore. Perché ci sono 15 e 15, in questo sport. E lui lo sa bene

Il caso Australian Open: quando le inflessibili regole diventano... flessibili

Sia chiaro, da subito: non è questa la sede per entrare nella vicenda no-vax (ma ce ne sarebbe da dire, soprattutto alla luce di quanto sta accadendo, da anni, nel mondo...). Ne facciamo, da subito, una questione di regole. Oggi viviamo nell'epoca del Covid, ma le norme - nella vita come nello sport - ci sono sempre state in tutti gli ambiti. E così un pilota di Formula 1, a prescindere che si tratti di Lewis Hamilton, Max Verstappen o il millemillesimo dei piloti sulla faccia del pianeta, se propone un'ala irregolare, un alettone non a posto o effettua un sorpasso non consentito, paga dazio. E, magari, pur vantando la pole position, Lewis, Max o il millemillesimo, viene sbattuto in ultima fila nella griglia di partenza. Nel calcio, se per assurdo schierasse 12 giocatori, anche il Chelsea campione d'Europa verrebbe squalificato. E la storia è piena di ciclisti, runner e atleti di grido, squalificati per il doping, perché non hanno rispettato le regole. Nonostante il pedigree, nonostante siano autentiche multinazionali o macchine da soldi, nonostante vantino una mole spropositata di tifosi e sponsor. Regole, dunque, e come tali da rispettare. Il primo inghippo è proprio qui: Nole Djokovic si è introdotto in Australia non rispettando le regole e ricevendo una esenzione - giusta o sbagliata che fosse, lo ribadiamo, non è questo il punto in questa sede - fuori tempo massimo (nonostante le memorie difensive di chi cura gli interessi del serbo dicano altro, anche se è la vicenda è decisamente nebulosa). A prescindere da come si evolverà la vicenda, la primissima nota stonata è proprio il trattamento privilegiato, seppur la famiglia abbia enfatizzato la sua breve prigionia e il blocco del visto, dimenticandosi che, in Australia, si sono semplicemente limitati a far rispettare le regole (sempre loro...).

Il milione donato alla Sanità lombarda

Il 15 aprile 2020, con un gesto nobilissimo, Novak Djokovic dona un milione di euro all'ospedale di Bergamo, la città più devastata in Italia nella prima fase della pandemia. Quando, cioè, il numero di morti saliva a dismisura e sulle tv di tutto il mondo spopolavano le immagini delle bare in fila scortate dai militari. Un gesto nobilissimo, e forse molto di più. Come le donazioni di Michael Schumacher da ambasciatore Unesco (dal 2002) o come quando, più o meno nello stesso periodo del 2020, per restare in ambito tennistico, Roger Federer ha staccato un assegno da 5 milioni di euro per lenire l'emergenza sanitaria in Africa, Australia o Svizzera. Cuori d'oro, tutti e tre. Ma la beneficenza non rende né immuni (dal Covid) né deresponsabilizzati (sto contribuendo a combattere la pandemia, potrei evitare di vaccinarmi?). Si potrebbe anche approfondire la questione spulciando ancor meglio la documentazione sanitaria di Djokovic (parrebbe aver avuto il Covid a dicembre del 2021, nonostante partecipazioni, negli stessi giorni, a manifestazioni sportive) o approfondendo la storia della società no-vax che parrebbe essere amministrata dalla famiglia Djokovic ma, ri-ribadiamo, in questa sede si parla solo di regole.

Perché Djokovic si ostina e cosa rischia il numero uno al Mondo

E allora? Perché tutta questa riservatezza del campione serbo? Non sarebbe stato il caso di fare coming out (specie se realmente passato dalle forche caudine del coronavirus) o quanto meno far chiarezza onde evitare di finire nel tritacarne mediatico invece di postare foto trionfali del viaggio ormai prossimo in Australia con tanto di esenzione? In palio c'è tantissimo, non se ne fa solo una questione di soldi o montepremi, ché Nole di fame non morirebbe stando ai box per qualche mese: c'è l'onore, l'eternità tennistica, il sorpasso definitivo (soprattutto nei numeri) nei confronti di Federer e Nadal (figuriamoci di tutti gli altri che li hanno preceduti...). E questo sarebbe possibile con un doppio colpo: vincere gli Australian Open e balzare in testa nella classifica Slam di tutti i tempi (nessuno come detto, ha raggiunto quota 21), continuando ad alimentare il sogno Grande Slam, ovvero vincere nello stesso anno Australian Open, Roland Garros, Wimbledon e Us Open. Un traguardo, quest'ultimo, sfumato proprio sulla linea del traguardo nel 2021 (perché gli States sono stato conquistati dal russo Medvedev). E poi, soprattutto, c'è un dato di fatto che proprio non va giù a Nole e riguarda il tifo. Per carità, nel mondo c'è pieno di supporter di Nole, ma il mood sugli spalti è differente quando, solito esempio, giocano Roger e Rafa. E questo proprio lo digerisce, come dimostrano i battibecchi con il pubblico, quando questi “osa” sostenere il suo avversario di turno. Il feeling pubblico-campionissimo, quella scintilla, non è mai scoccata del tutto. E vicende del genere, ne stia certo Nole, non contribuiranno a far crescere l'afflato. Perché oltre al campo c'è di più.

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