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Il Diavolo veste “calma”. Inzaghi, la pillola... del turno dopo non funziona. La Juve, nel dubbio, s'affaccia

Tutto riaperto (a patto che fosse chiuso). Bastano meno di 5' (all'incirca 3) per scucire in fretta e furia la seconda stella dal petto dell'Inter campione d'Italia-bis. E le mani dei sarti sono francesi, appartengono a Olivier Giroud, uno degli acquisti più sottovalutati della storia recente del nostro calcio, e alla saracinesca Mike Maignan. Una doppietta dell'attaccante decide un derby che, fino agli acuti transalpini, era stato nettamente di marca nerazzurra. Roba da marchiarla a fuoco quella seconda stella in petto. Ma il calcio non è la boxe, concetto perfettamente chiaro al Milan di Pioli che, però, mutua proprio l'atteggiamento dei pugili migliori (non quelli che scaricano raffiche di pugni a fasi alterne, ma quelli che sanno incassare e colpire al momento giusto) per ribaltare un verdetto apparentemente scontato: resiste (più facile quando in porta c'è super Mike), attende la fase di stanca della gara e sbriciola le certezze accumulate nei 70' precedenti dai quotati avversari. A testimonianza che nel calcio le statistiche, il possesso palla, l'estetica contano poco. O comunque meno di chi la rete è in grado di gonfiarla. Perché il Diavolo, se serve, veste “calma”.

La pillola del turno dopo... non funziona

Se Pioli è la faccia della medaglia sorridente, l'altra (faccia) è quella crucciata e desolata di Inzaghi (che ha scatenato gli amanti dei meme al triplice fischio finale). Sa di aver perso l'occasione di portarsi - seppur virtualmente, perché l'Inter deve ancora giocare al Bologna - a +10 dai concittadini. E invece dovrà ripartire, forte di un primo posto che resta tale (nonostante la concorrenza agguerrita non comprenda solo i cugini indiavolati ma anche il Napoli, che sabato ospiterà proprio la capolista con l'occasione di operare il momentaneo sorpasso) e di molti automatismi, che non si sono certo sfaldati in tre minuti di derby. Molto dipenderà da “come” i nerazzurri metteranno alle spalle lo smacco in salsa milanese. Già a cominciare da domani, quarti di finale contro la Roma, con tanto di ritorno di Mou a San Siro (per la prima volta da avversario dei nerazzurri alla Scala del calcio). Chi ha dato addosso ad Handanovic e De Vrij, sull'onda emotiva del derby gettato alle ortiche, dimentica cosa hanno fatto, fin qui, i due totem difensivi. La lezione, però, va mandata giù e metabolizzata. Il primo a doverlo fare è proprio Inzaghi, reo di aver tirato i remi in barca troppo presto, mostrando il solito vizietto di preservare... il futuro: ammonizioni scomode, giocatori affaticati, calendario fitto, ecc. ecc. Nel calcio, soprattutto, nei derby, conta il momento. Nel calcio, soprattutto nei derby, la “pillola del turno dopo” non è efficace.

La Juve si accomoda sulla riva del fiume e aspetta

Per anni, sotto la Mole antonelliana, si è ironizzato sui cambi di proprietà che hanno riguardato le due più acerrime rivali italiane: Inter e Milan, finite “nelle mani” dei cinesi. Ma i più orientali di tutti, in questo momento, sono proprio i bianconeri. E non nel senso di società ma di... saggezza. Il proverbio cinese che invita ad accomodarsi a bordo fiume e attendere tempi migliori per la “vendetta” si sposa alla perfezione con le esigenze juventine. Per mesi e mesi i bianconeri di Allegri hanno fatto fatica perfino a stare tra le prime quattro. Nelle settimane precedenti sono arrivati i primi risultati, poi c'è stato il mercato - che ha portato in dote il bomber inseguito da mezza Europa, Vlahovic, e il centrocampista Zakaria, entrambi in gol all'esordio - e adesso i margini con chi comanda iniziano timidamente ad assottigliarsi. Reinserirsi nella lotta Scudetto sembra ancora proibitivo. Nel dubbio, i bianconeri hanno già preso posto in riva al fiume, nonostante il condottiero Allegri sminuisca le chance vittoria della sua Juve. I beninformati, però, dicono che appollaiato in prima fila, ad aspettare, ci sia proprio lui...

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