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Il derby del braccino: Milan e Inter, occhio al Napoli. E la Juventus? Var... colla

Doveva essere la giornata dell'allungo Milan. Doveva essere il turno della sentenza. Poteva essere la partita della Juve, con tanto di sterzata in scia scudetto. Nulla di tutto questo. A gongolare è principalmente il Napoli, che si trova a tanto così dalla poltrona dei sogni. E poi l'Inter: non brilla e per una volta sceglie il “corto muso” che s'insinua tra le polemiche per la gestione del derby d'Italia a firma dell'accoppiata Irrati-Var ma alla fine porta a casa l'intera pagnotta e si rianima.

La sindrome del braccino: nessuno vuole correre come la lepre

Lassù stanno giocando a “Chapa no”. Quasi come se quel primo posto conquistato con largo anticipo fosse maledetto, quasi sgradito. Era successo al Napoli di Spalletti, poi all'Inter di Inzaghi e adesso al Milan di Pioli. Evidentemente le big del campionato soffrono di vertigini e lo danno a vedere. Eccome. Il pareggio dei rossoneri contro il Bologna, sia chiaro, è sembrato quasi casuale, perché Giroud e compagni hanno assaltato più e più volte il fortino emiliano, protetto a distanza da Mihajlovic (che è tornato a giocare la partita più importante: quella contro la leucemia). Ma quando la palla non vuole entrare, spesso, non si tratta solo di sfortuna: c'è di mezzo anche il fattore psicologico. La sindrome del “braccino” che attanaglia il tennista in procinto di chiudere la gara, improvvisamente sopraffatto dall'incertezza. Perché il Milan, calendario alla mano, avrebbe dovuto sfruttare la chance per scavare un altro piccolo solco alle proprie spalle. Pure i rossoneri, però, non vogliono giocare il ruolo di lepre, ma al momento restano in vetta e il destino resta comunque nelle loro mani.

Napoli dai mille colori

Occhio. Perché chi crede che la lotta scudetto debba essere limitata al recinto meneghino si sbaglia di grosso. Perché le pulsazioni più rumorose provengono dal “polso” partenopeo. Il Napoli c'è. Incostante, fragile nei momenti inaspettati, non sempre chirurgico tra le mura amiche, ma c'è. Dalla sconfitta nello scontro diretto contro il Milan, interpretata con troppa fretta come la pietra tombale sui sogni azzurri, la banda Spalletti ha inanellato un tris di vittorie contro avversari tutt'altro che agevoli: vittoria a Verona (campo tostissimo), poi rimonta in casa contro l'Udinese e colpo esterno contro un'Atalanta in fase calante ma comunque difficile da domare anche nel periodo di peggiore depressione. Ecco perché il Napoli, che ha un calendario non impossibile, non va sottovalutato. Un punto in sette partite, mai come questa volta, è niente.

L'Inter c'è. Più o meno

L'Inter è ancora moribonda ma il colpo gobbo a Torino la rimette sulla giusta strada. Il successo ideale per chi aveva bisogno di una scossa d'adrenalina per uscire dal torpore delle ultime settimane. Vittoria difesa con le unghie e con i denti, nonostante l'avversario corresse di più, avesse più voglia. Ed è proprio la voglia che sembra avere solo a sprazzi la squadra di Inzaghi, brutta copia dell'armata che nella seconda parte del girone d'andata aveva camminato sulle acque del campionato con la sicurezza di chi ha il tricolore sul petto. Ma lo 0-1 dello Stadium potrebbe aver rappresentato quella scossa lì...

Juve, roba da mordersi le mani

Non è stata né agevolata né fortunata nel derby d'Italia. Ma se adesso i bianconeri si mordono le mani non può essere racchiuso nella folle gara contro i nerazzurri. Allegri e i suoi di peccatucci ne hanno commesso tanti (troppi) nella prima parte del campionato. Il rammarico resta (e bello grosso) perché la Juve avrebbe potuto portarsi a 5 punti dalla capolista con 7 partite da giocare. E adesso, invece, dovrà guardarsi anche dalla Roma di Mou che è lanciatissima, ma comunque chiamata ad affrontare, nel giro di pochi giorni, le trasferte contro Napoli e Inter.

Var... rebbe la pena di fare un passo indietro

Sia chiaro: il problema non è il Var in sé. Dacché mondo è mondo, il progresso ha sempre portato beneficio, ma è l'“utilizzo” che ne viene fatto a pesare. La tecnologia applicata al calcio deve comunque fare i conti con le scelte umane: che siano quelle degli arbitri in campo o degli assistenti in sala Var. Ed è proprio qui che sta l'inghippo: non c'è chiarezza su chi abbia l'ultima parola (il direttore di gara, ma solo sulla carta), su quali interventi siano meritevoli di revisione e quali no. Il regolamento c'è, ma viene interpretato in maniera troppo personale da “fischietti” e supporti. E così si corre il rischio di anestetizzare alcune gare dal supporto (si veda il fallo da rigore di Belotti contro l'Inter) o, al contrario, di imbottirle di verifiche e controverifiche (come nell'ultimo derby d'Italia). Un passo indietro? Var... rebbe la pena farlo. O quanto meno sarebbe opportuno levare quei margini di discrezionalità che hanno riportato lo sport più bello del mondo sul ring della polemica.

 

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