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Vergogna Champions: la mega rissa tra Atletico e City fa “a cazzotti” con l'attualità

Se le sono date di santa ragione. Sia sul prato che verde che nel tunnel degli spogliatoi. Se ne sono promesse... così tante (altre) che c'è voluto l'intervento della Policia española per evitare il peggio. Si è concluso così il quarto di finale di Champions League tra Atletico Madrid e Manchester City (0-0 in campo, risultato buono per il passaggio del turno degli inglesi scivolato quasi in secondo piano).

Posta in palio altissima, nervi a fior di pelle, equilibrio adrenalinico spezzato solo dalla scazzottata conclusiva, ma per gli amanti del calcio sarebbe stato meglio, di un gran lunga, un gol. E invece no, perché la furia ceca ha offuscato le mente della maggior parte dei protagonisti (?) in campo, dopo l'espulsione di un giocatore dell'Atletico (per la cronaca, Felipe) preludio di una caccia all'uomo. Detestabile, da vomito. Perché il calcio resta pur sempre una delle poche distrazioni in un fase internazionale difficile. Roba che i libri di storia faticheranno a contenere in pochi capitoli, tra emergenza sanitaria e guerra nell'Est dell'Europa. Lo spettacolo indecoroso offerto al “Wanda Metropolitano” è più difficile da accettare perché ‘là fuori’ si combatte da quasi 50 giorni. Si muore, si scappa, si spera. E chi avrebbe potuto e dovuto mandare un messaggio diverso - i calciatori - ha offerto l'immagine peggiore di sé. Mai come nella notte di Madrid, l'inno della Champions è arrivato all'orecchio come un rumore fastidioso. Stonato. O perfettamente in linea con i suoni cupi e sinistri provenienti da Est. Fate voi.


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