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Mihajlovic esonerato dal Bologna, ma ciò che fa più male (anche a lui) è l'ipocrisia

Dopo 1317 giorni Mihajlovic e il Bologna si sono detti addio. Anzi, è stata la società felsinea a salutare il tecnico serbo che di vite ne ha vissute più di una. E che continua a sfidare il destino, mostrandogli il ghigno di chi - alla fine - l'ha sempre portata a casa. Figurarsi se un esonero potrà abbatterlo più di tanto. O forse sì, perché Sinisa è un passionale, uno che preferisce i tackle e i faccia a faccia al lavoro di fino, alle perifrasi tanto amate da chi orbita nel mondo del calcio. Era così anche da giocatore, quando più di un attaccante ne ha assaggiato tacchetti e personalità. Ma Miha è tanto altro: per informazioni chiedere al portiere della Samp degli anni '90, Ferron, che nella stessa partita incassò tre gol su punizione dal mancino più temibile sui calci da fermo della storia del calcio italiano. E questo perché, mentre in Serbia era in atto un conflitto cruento, lui era già abituato a gonfiare le reti avversarie con le uniche “bombe intelligenti” esistenti sul pianeta: quelle che partono dai piedi dei campioni. Frutto di anni e anni trascorsi a sfondare le saracinesce sotto casa e quegli oggetti messi lì, di proposito, quasi a mo' di bersaglio da centrare.

Ha sfidato la guerra, Sinisa. Ma da qualche mese al conflitto della sua Nazione - ormai un ricordo, ma solo per chi non lo ha vissuto in prima persona - ha aggiunto quello con la leucemia. Quasi metà del suo (secondo) soggiorno bolognese lo ha trascorso facendo la spola tra il campo di allenamento e la corsia di un ospedale. Riempiendo i suoi calciatori di motivazioni e svuotando il proprio corpo del sangue-killer. Ancora oggi stenta a uscirne. Sarebbe poco credibile non pensare che, se fosse stato al 100%, Mihajlovic avrebbe potuto offrire qualcosa in più ai rossoblù. Se non altro in termini di presenza sul campo, negli allenamenti e in partita (ne ha saltato diverse). Ma dubitare che Sinisa abbia speso tutto se stesso nonostante la malattia è folle, così come sono folli i post degli imbecilli di turno che hanno appesantito il momento difficile dell'allenatore con considerazioni sulla sua vicenda personale. Da bannare a vita. Ma lo stesso andrebbe fatto con l'altra schiera di avvelenatori-social, gli ipocriti: che si sono scagliati contro la società del Bologna, rea di aver esonerato un allenatore “malato”. Offendendone la storia e la dignità (del tecnico). Perché il primo a essere deluso per l'addio ai rossoblù è proprio lui, ma neanche per un secondo avrà pensato che la società avrebbe dovuto lasciarsi impietosire dalle sue condizioni. Non Sinisa Mihajlovic, quello che scansa le bombe e il destino avverso. Quello che sa perfettamente come funziona il mondo del calcio. E soprattutto la vita.

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