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La sentenza contro la Juventus: punti oscuri e prospettive. Garantismo o giustizia del popolo

La sensazione è che siamo solo all’inizio di una vicenda che avrà altri colpi di scena. Il tuono di venerdì sera – con la penalizzazione di 15 punti alla Juventus dalla Corte d'appello della Figc – difficilmente non avrà conseguenze torrenziali, più di quelle che non si sono già manifestate con i fulmini di dicembre (l’inchiesta della procura di Torino e le dimissioni dell’intero CdA juventino). La cosa certa è che lo sport c’entra poco.
Lo diciamo da subito, a scanso di equivoci: se la Juventus ha sbagliato – e certamente i comportamenti da quanto letto non appaiono congrui alla lealtà sportiva – va punita. Ma l’analisi va fatta sul piano legale e a 360°. E allora partiamo dai fatti: la Juventus viene penalizzata di 15 punti (dopo che il procuratore – cioè l’accusa – ne aveva chiesti 9). “Assolte” invece tutte le altre squadre: Samp, Empoli, Genoa, Pisa, Pescara, Parma, Pro Vercelli e il vecchio Novara. Da qui i dubbi inevitabili letti da più parti in queste ultime 36 ore. Le plusvalenze si fanno in due e allora visto la condanna singola la spiegazione può essere solo una: la Juventus “plusvaleva” da sola. Umorismo a parte, la tesi che si fa largo – anche se è palese che bisognerà aspettare le motivazioni della sentenza – è che il club bianconero abbia fatto ricorso alle plusvalenze fittizie “sistematicamente”, creando dunque un modus operandi che non era invece delle altre che lo hanno fatto “una tantum”. Violata la lealtà sportiva. Questa la sintesi estrema. Convincente. Non proprio. Ma lo ribadiamo: si aspettino le motivazioni.
Altro aspetto nodale: sino a ieri per la magistratura sportiva le plusvalenze non costituivano “reato”. La stessa Juventus era già stata assolta, ma anche Inter, Milan e Napoli – che hanno fatto ricorso alle plusvalenze – avevano scavalcato l’ostacolo della giustizia sportiva. Una decisione strettamente legata a quanto sostenuto dai magistrati milanesi che nell’inchiesta della giustizia ordinaria avevano fatto presente che “il valore di ogni atleta non può che essere affidato alla concreta dinamica del mercato in assenza di parametri oggettivi e predeterminati suscettibili di verifica”. La conclusione fu che, nel caso dell’Inter, non emersero “fattispecie di natura fraudolenta finalizzate a un’alterazione dei bilanci”. In sintesi non si può stabilire il valore di un giocatore tanto da accertare che si sia in presenza di un’alterazione dei bilanci. Peraltro basta guardare le plusvalenze delle grandi squadre negli ultimi 10 anni: Juventus 673milioni, Roma 507 milioni, Napoli 437 milioni, Inter 317 milioni, Lazio 175 milioni, Milan 156 milioni.

E allora perché la Juventus è stata adesso condannata? Pare per la sopraggiunta evidenza delle intercettazioni in cui sono presenti dirigenti juventini che esplicitamente ammettono di iscrivere a bilancio un valore non vero, e per pura cosmesi contabile. Dunque la Juve condannata perché una procura ha indagato. E su questo nulla quaestio: il reato c’è? E allora si proceda. Altre procure non hanno indagato su altre squadre. Può accadere, ma questo non assolve la Juventus.
Ma qui si innesta un altro problema: e la sensazione è che il garantismo sia stato facilmente accantonato per seguire la moda della “giustizia del popolo”. E così è accaduto che un giudice abbia smentito sé stesso e dopo aver dichiarato che una determinata condotta ancorché opaca non è punibile perché manca una norma del codice che lo preveda, dopo qualche mese ha deciso esattamente l’opposto e che di una legge si può fare a meno nella scia di ciò che indica una procura della Repubblica. Ma attenzione – è bene precisarlo – una procura della Repubblica nel corso di una procedimento dove siamo ancora alla richiesta di rinvio a giudizio. Cioè la Juventus in ambito sportivo sarebbe stata condannata per “elementi” (le intercettazioni, sic!) emersi nel corso di un processo che magari potrebbe concludersi con un nulla di fatto.
E inevitabilmente cresce la preoccupazione della Juventus, che adesso dovrà affrontare il vero scoglio: quello degli accordi sugli stipendi. In sintesi quando il campionato si è fermato per Covid, il club ha raggiunto l’intesa coi suoi tesserati sugli stipendi, qualificata in un comunicato ufficiale come una rinuncia a quattro mensilità, con un risparmio contabilizzato di 90 milioni. Nei fatti la rinuncia è stata a una mensilità, con delle scritture private (anche per chi avrebbe lasciato il club) per riconoscere nelle stagioni successive gli altri tre stipendi, risparmiando dunque effettivamente solo 31 milioni e spalmando su altre annualità i restanti 59: da qui il nome di “manovre stipendi”. Questo sì vero problema, perché in ballo c'è il falso. E allora i 15 punti di penalizzazione rischiano di moltiplicarsi. Ma con onestà intellettuale il problema del calcio italiano e europeo (ricordate le plusvalenze di Psg, Barcellona) è la Juventus? La "giustizia del popolo" spesso influisce e pesa sulle decisioni: basta pensare a Calciopoli. Non entriamo nemmeno nel merito. Ma l'assunto è che la Juventus ricevesse favori dagli arbitri. I fatti dicono che alla fine di quei mesi di intercettazioni, condanne e processi un solo arbitro fu condannato: Massimo De Santis per una partita, una sola partita, in cui la Juventus non c'era.

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