Federica è tornata a casa, a Montalto Uffugo, e come tanti italiani giovedì seguirà in televisione, seduta in divano, la finale di Masterchef Italia. Nell’anno del decennale, a competere per tre mesi per il titolo di una delle trasmissioni più amate di Sky e non solo, c’è stata anche lei. Ma il suo sogno si è infranto a pochi metri dal grande traguardo, a causa di una salsa garum riuscita male che le è costata l’eliminazione. Il suo racconto a ruota libera parte da lontano e attraverso le parole della 31enne cosentina siamo “entrati” nell’affascinante e magico mondo di Masterchef: «È stata una esperienza straordinaria – dice la Di Lieto – Tutto è iniziato per gioco perché non ho mai avuto velleità di partecipazione. Un pomeriggio, però, il mio fidanzato Alessandro ha deciso che dovevo assolutamente provarci e così ha preso il via l’avventura. Ho cucinato diversi piatti, ho inviato le registrazioni e, ovviamente inaspettata, è arrivata la telefonata di chef Locatelli che mi ha comunicato che ero stata scelta per le selezioni. A quel punto la curiosità mi ha accompagnato fino a quando mi è stato assegnato uno dei 21 grembiuli: era fatta, ero nella cucina di Masterchef, ora si faceva davvero sul serio». Che immagine di Federica ritieni di aver offerto a chi ti ha guardato in tv? «Probabilmente avrò dato l’impressione di essere una persona piena di certezze, ma in realtà non ho mai pensato “sono forte, vincerò” e spesso mi sono sentita insicura. L’umiltà ha fatto sempre parte della mia vita e questa partecipazione, giorno dopo giorno, mi ha fatto crescere: mettendomi in gioco, ho acquisito fiducia e consapevolezza, ho consolidato le mie capacità. Ora so che la cucina è quello che voglio e che rappresenta il mio futuro. La svolta? Dopo che uno dei miei primi piatti è andato male. Dovevo cucinare con ingredienti neri e invece è venuto fuori un piatto colorato. Tutto sbagliato. Sono finita al Pressure test, preparando dei bottoni di pasta ripiena che però si sono aperti. Ma ho avuto la lucidità di ripiegare su un piano B, ho così “scomposto” i bottoni, presentandoli con il nome di “Estate in Calabria” che i giudici hanno apprezzato. Passata la paura e raggiunta la salvezza, è cominciato per me un percorso nuovo, fatto di saliscendi, di piatti buoni e meno buoni che mi hanno portato a un passo dalla finale. Nella mia avventura non sono mai voluta andare sul sicuro, ho provato spesso a osare, a sperimentare, come quando ho vinto la prima delle mie due Mistery box cucinando la medusa: l’ho vista in dispensa e non ci ho pensato su neppure un attimo, anche se sapevo che sarebbe stato un rischio». La Calabria è stata sempre presente nelle tue creazioni e idee, per la regione sei stata una vera ambasciatrice del gusto. «È stato il mio filo conduttore, perché ero convinta che i sapori della mia terra potessero darmi qualcosa in più. Ripenso alla preparazione dell’agnello silano oppure dello spezzatino di agnello, o ancora a quando ho utilizzato il miele di fichi tipico della Valle del Crati: insomma, più spudorata di così!». E all’improvviso, come ospite di una puntata, ecco Nino Rossi, chef stellato del Qafiz di Santa Cristina d’Aspromonte...«Quel giorno mi sono sentita a casa, fiera e orgogliosa di essere calabrese. Soddisfazione allo stato puro perché Rossi è uno chef d’avanguardia, proiettato sull’innovazione, ma anche molto legato alla tradizione. Quando nei piatti da realizzare ho visto che c’era il ponzu calabrese, ho pensato: “questo Invention test lo vinco io”. Poi, però, mi è stato assegnato il lombo di capra...». Com’è strutturata la giornata-tipo nella cucina più famosa d’Italia? «Se hai la fortuna sfacciata di far parte dei magnifici 21, tutte le giornate ruotano con divertimento e massimo impegno attorno al mondo dei fornelli. Quasi ogni giorno si registra in studio, ma anche nel tempo libero non si pensa ad altro. Si studia, si legge, si impara, si fanno ricerche e soprattutto ci si “allena” in un angolo a noi riservato. Ormai ho una collezione di libri da far invidia. Quando abbiamo dovuto preparare il pollo in vescica, stavo leggendo proprio il libro di Paul Bocuse, grande interprete di questa eccellenza gastronomica, ma purtroppo non ero ancora arrivata al capitolo dedicato...». Non solo qualità in cucina e intrattenimento, ma anche amicizia, umanità, tante lacrime. Proprio un bel modo di fare televisione. «È stato un arricchimento a tutto tondo ed è per questo che porterò sempre nel cuore Masterchef. Il mio legame con Azzurra ha rappresentato l’altra faccia bella di questa avventura. Schiette, dirette, meridionali: ci siamo subito trovate in sintonia, costruendo un rapporto che è andato oltre la competizione. Ci siamo sentite sino a poche ore fa, senza toccare l’argomento cucina... Per uno scherzo del destino siamo state eliminate nella stessa puntata. E sempre per un gioco “crudele” che mi ha riservato l’ultimo atto, ho sfidato per non essere eliminata Antonio, altro concorrente diventato amico, per il quale tiferò in finale e che ha fatto parte del nostro gruppetto di inseparabili assieme a Irish, Igor e Alessandra. Se nel duello con Antonio a prevalere fossi stata io, sarebbe stato fantastico e triste allo stesso tempo. Ma la nostra amicizia non ha mai condizionato la competizione, come dimostra il fatto che tra di noi ci siamo assegnati difficoltà massime. Ed a testimoniare il bel clima che si respirava in studio, sono le lacrime, gli abbracci, le frasi di conforto quando alcuni avversari hanno dovuto togliersi il grembiule. Momenti che hanno completato degnamente un cammino ricco di umanità che ha caratterizzato questa edizione». Barbieri-Cannavacciuolo-Locatelli: il trio perfetto. Affiatati, brillanti, con i tempi giusti, ormai diventati “animali” televisivi. Sono loro il segreto del successo di Masterchef. «Un trio che ha nell’equilibrio la sua forza. Si completano a vicenda e davanti alle telecamere si muovono alla grande. Locatelli è british, elegante e pronto a dare i giusti consigli, a stimolare a fare sempre meglio. Ero convinta che mi sarei legata di più a lui poiché mi aveva scelto, in realtà il rapporto è stato intenso con tutti e tre. Barbieri può sembrare severo, invece ha un lato umano che lo distingue. Ricevere il complimento “questo è un piatto che vorrei finire” è stato il mio apice. Cannavacciuolo è la “montagna” buona, un super professionista dalla notevole forza empatica: basta un suo sguardo per capire tante cose». La giornata più curiosa? «Assieme ad Azzurra e Igor, per migliorare il nostro livello di pasticceria che era la parte del reality più temuta. Abbiamo lavorato per ore, producendo di tutto, avremmo potuto allestire una intera vetrina: pan di spagna, cioccolato di vari tipi, bignè. Che risate!». Com’era la tua vita prima di Masterchef? «Studentessa mai a tempo pieno di ingegneria chimica. Mi sono data sempre da fare in ambito professionale: per quattro anni ho fatto l’hostess di terra all’aeroporto di Lamezia e ho anche lavorato in un’azienda di telecomunicazioni di Cosenza, occupandomi del controllo di gestione. Per laurearmi mi manca soltanto la tesi e ce la farò nel 2021. Poi nella mia vita c’è stata e, fin quando le mie ginocchia reggeranno, sempre ci sarà la pallavolo. Un amore che dura da quando avevo 10 anni». E adesso, concluso Masterchef, come si presenta il futuro di Federica Di Lieto? «Nel segno dell’arte della cucina che in casa mia, comunque, è sempre stata un argomento serio. Ho avuto in mia mamma Alessandra una grande maestra, molto critica, che mi ha insegnato tanto. Tutto per me cominciò, tra le mura domestiche, con un risotto alla polvere di liquirizia preparato per parenti e amici: quel giorno capii che fare la cuoca avrebbe potuto essere una strada da seguire con convinzione». Prossimo passo? «Inserirmi, dopo la laurea, nell’industria e nella produzione alimentare». E il grande sogno? «Recuperare un casale dalle mie parti, magari con un pezzo di terra per un frutteto, e aprire un ristorante con un’idea di cucina che mi consenta di sperimentare. Masterchef mi ha aperto un mondo che spero possa diventare il mio mondo».