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Fiction Rai, nello “Studio Battaglia” tutte le questioni delle nuove famiglie

L'intervista a Miriam Dalmazio

Un legal dramedy che offre uno sguardo tutto al femminile sulle relazioni sentimentali e il diritto di famiglia, la nuova fiction “Studio Battaglia”, tratta dal format BBC “The Split”, che torna stasera su Rai1 (ore 21.25) con la seconda puntata, dopo il debutto della scorsa settimana con 4.183.000 spettatori e il 18.91% di share. Prodotta da Palomar e Tempesta con Rai Fiction, per la regia di Simone Spada, la serie, scritta da Lisa Nur Sultan, racconta pubblico e privato di quattro donne in fasi diverse della vita unite da solidarietà ed affetto, accomunate da un’invincibile ironia. Sono l’avvocato divorzista Marina Battaglia (Lunetta Savino), direttrice di un prestigioso studio legale milanese, e le sue tre figlie: la maggiore Anna (Barbora Bobulova), passata allo studio rivale, Viola (Marina Occhionero), la più piccola, l’unica a non aver intrapreso la carriera di famiglia, e Nina, figlia di mezzo, rimasta a lavorare nello studio. La interpreta l’attrice palermitana Miriam Dalmazio.
«Nina è una ragazza con un’immagine pubblica forte di donna in carriera e una privata fragile – ci ha detto – . È schiacciata dalle personalità di Anna e Marina, e tra le donne della famiglia è quella che ha subito di più la fuga del padre Giorgio (Massimo Ghini) con la babysitter. Un dolore che esterna raramente, secondo l’insegnamento della madre, donna imperturbabile. Non cerca l’amore stabile, ma relazioni fugaci. Tra le protagoniste è la più milanese, amante degli aperitivi e della moda; e quando beve finisce per abusarne, fino alla dipendenza, come si vedrà».
Come hai lavorato sul personaggio partendo dalla visione dell’originale?
«È stata un’esperienza strana perché l’abbiamo visto online senza sottotitoli, in un inglese strettissimo. Di proposito ho osservato una sola volta il mio personaggio, perché ho preferito lavorare molto sul testo e sul mio intuito, per mettere in risalto l’aspetto emotivo di Nina, donna apparentemente snob, con una lingua tagliente ereditata dalla madre. Mi sono concentrata anche sul sentirmi a mio agio negli abiti del personaggio, nel suo portamento, perché tutte dovevamo impersonare un’idea di potere e di alta borghesia milanese già dalla postura e dalla camminata. Ma non volevamo farne una versione “copia incolla” perché “Studio Battaglia” ha un sapore tutto italiano, con storie legate alla nostra realtà».
La serie tocca argomenti molto attuali: si parla di tutela dell’immagine, unioni civili, nuclei familiari omogenitoriali…
«“Studio Battaglia” affronta il diritto di famiglia, cercando di dare uno spaccato della realtà di coppia, in un momento in cui la famiglia tradizionale sta cessando di esistere, tra separazioni o facili riconciliazioni. I clienti dello studio appartengono all’alta borghesia, e mettono dubbi nello spettatore sulla possibilità della tipica famiglia del Mulino Bianco; non a caso ogni puntata affronta argomenti molto delicati. Attraverso le vicende di noi protagoniste tocchiamo punti fondamentali di alcune fasi delle età: dalla madre sessantenne che deve interfacciarsi col fallimento, alla primogenita che tira le somme della sua vita, fino alla trentenne irrisolta e alla figlia più piccola, che segue il suo impulso di rompere il filo che unisce le tre donne della famiglia. Un mosaico, quindi, che mostra i classici problemi della vita e della famiglia».

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