Venerdì 20 Dicembre 2024

Eurovision, stasera il gran finale: 25 paesi in gara, tocca a Mahmood e Blanco. Ospiti i Maneskin

 
 
 
 
 
 

Gran finale dell’Eurovision Song Contest stasera (in diretta su Rai1 e Rai Radio2) al Pala Olimpico di Torino. Ai tre conduttori Laura Pausini, Mika e Alessandro Cattelan (che hanno portato a casa due serate da record: 5,5 milioni di spettatori sia martedì che giovedì) spetterà il compito di proclamare il vincitore. Venticinque i Paesi in gara: i 10 finalisti della prima semifinale, i 10 finalisti della seconda, ai quali si aggiungono i Big Five, ovvero Italia, Francia, Germania, Spagna e Regno Unito che hanno accesso diretto alla finale e si esibiranno per la prima volta. Ospiti della serata i Maneskin, vincitori lo scorso anno con «Zitti e Buoni», con un omaggio a Elvis Presley, e Gigliola Cinquetti, che trionfò nel 1964 con «Non ho l’età». Mika e Laura Pausini avranno ciascuno a disposizione un loro spazio. Laura dovrebbe cantare la versione francese di «Io Canto» (Je Chante), in un Eurovision che non ha nessun brano in francese (la Francia ha presentato una canzone in bretone). Mika invece ha preparato un medley con i suoi successi e proporrà per la prima volta anche il nuovo singolo «Yo Yo». A dare il via alla gara sarà stavolta la Repubblica Ceca (We Are Domi - Lights Off). Poi a seguire Romania: WRS - Llámame, Portogallo (MARO - Saudade, Saudade), Finlandia (The Rasmus - Jezebel), Svizzera Marius Bear - Boys Do Cry), Francia (Alvan & Ahez - Fulenn), Norvegia (Subwoolfer - Give That Wolf A Banana), Armenia (Rosa Linn - Snap). Nona l’Italia con Mahmood e Blanco con Brividi. E ancora: Spagna (Chanel - SloMo), Olanda (S10 - De Diepte), Ucraina (Kalush Orchestra - Stefania), Germania (Malik Harris - Rockstars), Lituania (Monika Liu - Sentimentai), Azerbaijan (Nadir Rustamli - Fade To Black), Belgio (Jérémie Makiese - Miss You), Grecia (Amanda Georgiadi Tenfjord - Die Together), Islanda (Systur - MeÐ Hækkandi Sól), Moldavia (Zdob & Zdub & Advahov Brothers - Trenuleul), Svezia (Cornelia Jakobs - Hold Me Closer), Australia (Sheldon Riley - Not The Same), Regno Unito (Sam Ryder - Space Man), Polonia (Ochman - River), Serbia (Konstrakta - In Corpore Sano), Estonia (Stefan - Hope). Ogni nazione assegnerà due sessioni di punteggi da 1 a 8, 10 e 12 punti, uno affidato agli spettatori tramite televoto, messaggistica e sito dell’Eurovision, l’altro a una giuria composta da cinque addetti ai lavori. Il cantante israeliano Michael Ben David, comunque eliminato dalla finale dopo la votazione, è stato squalificato dall’Eurovision Song Contest dopo che giovedì sera, forse dopo avere bevuto un po’ troppo, ha baciato Alessandro Cattelan. La notizia è emersa durante la conferenza stampa in corso dei tre conduttori. Cattelan aveva ricevuto il bacio mostrando di essere divertito, come ha confermato anche nell’incontro in corso coi giornalisti. Ben David si è esposto più volte per i diritti degli omosessuali, come lui, e nella canzone racconta di essere stato bullizzato per la sua voce. E Achille Lauro affida ai social il suo... messaggio d’addio al palco di questa edizione: «Grazie Bellezze sbattetemi giù dal toro se riuscite. Ci vediamo in Tour. Vi amo». «Quella di Achille Lauro, che se l’è giocata fino all’ultimo minuto, è stata una sconfitta gloriosa, che ha portato San Marino su un palco molto importante», così, dal canto suo, ha commentato il Segretario di Stato per il Turismo, Federico Pedini Amati, a San Marino Rtv all’indomani della sconfitta in semifinale dell’artista che ha rappresentato il Titano all’Eurovision Song Contest, a Torino. «Ci riproveremo il prossimo anno – ha anticipato – con la stessa modalità», ovvero una gara aperta a tutti, indipendentemente dal Paese di provenienza. «L'esibizione di Achille Lauro è iconica ed è già nella storia dell’Eurovision», ha aggiunto il capo delegazione di San Marino, Alessandro Capicchioni. «Sull’Ucraina non si possono avere incertezze, non esistono zone grigie. È una guerra ingiustificata e ingiustificabile. Non c’è spazio per la discussione: è sbagliato sotto tutti i punti di vista. Putin è un dittatore moderno, un tiranno». I Maneskin, per voce di Damiano – zoppicante e con la stampella dopo aver preso una storta mentre la band girava un video – , difendono a spada tratta il loro «Fuck Putin» gridato al Coachella che ha fatto il giro del mondo. «Lo rifarei. Tutta la vita, tutti i giorni. Sono sconcertato dalla reazione che che c’è stata. E anzi, invito altri artisti a farlo. Perché come personaggi pubblici abbiamo un potere enorme: la tendenza a essere sempre neutrali per non perdere o guadagnare pubblico la trovo antiartistica, paracula». Giovani, ma determinati, i quattro ragazzi romani sul palco dell’Eurovision Song Contest, dove tornano come ospiti della finale dopo la vittoria dell’anno scorso con «Zitti e Buoni», lasceranno che siano gli artisti ucraini stessi, i Kalush – favoriti per la vittoria – a farsi sentire: «La loro voce è più autorevole della nostra. La loro vittoria sarebbe un bel messaggio di sostegno». Dopo un anno di successi in Europa e in America (il 31 ottobre da Seattle partirà «Loud Kids Tour»), la band torna sul palco da dove è iniziato tutto o quasi. «È stato un anno pazzesco. Siamo felici e orgogliosi – raccontano con soddisfazione – . L’Eurovision è stata la partenza di un nuovo capitolo della nostra carriera, e tornare qui ha un grande significato». Ma non fa differenza il palco, che sia Sanremo, l’Eurovision, il Coachella, la Spagna o la Francia, «l’importante è essere sicuri di ciò che si è, essere se stessi con autenticità. E a Mahmood e Blanco diciamo: spaccate!». Dall’Eurovision si riparte anche con nuova musica e con tutto quello che verrà. Sul palco del Pala Olimpico di Torino i Maneskin – oltre a un omaggio a Elvis Presley – presentano il loro nuovo singolo, appena pubblicato: «Supermodel», ispirato dal loro periodo americano e dalla vacuità di certi personaggi ossessionati dalla popolarità e dal successo («e le stampelle non mi fermeranno, in qualche modo farò», spiega Damiano). Quello che però ribadiscono con forza, nonostante le collaborazioni americane, nonostante il loro ormai sia diventato un marchio riconoscibile in tutto il mondo, «nessuno ci scrive le canzoni. Siamo sempre noi a scriverle. Le produzioni internazionali o il confronto con altri non ci ha portato in un’altra direzione rispetto a quella che volevamo noi».

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