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Olimpiadi, i cinque cerchi non s'intrecciano più in nome del distanziamento

Zero spettatori per quindicimila atleti che si nutrono del sostegno di familiari, staff, preparatori, del parere dei giudici di gara, dei cronometri, dell’agonismo e del racconto dei giornalisti. Sono giunti a Tokyo da 200 Paesi per le Olimpiadi e Paralimpiadi. Un potenziale mix esplosivo all'epoca del Covid, disinnescato dal solito "The show must go on". Spettacolo che rischia di trasformarsi in avanspettacolo. Di fatti, il Giappone è nell'occhio del ciclone. Invischiato, giocoforza, in uno stato di emergenza dovuto alla crescita di positivi più rilevante da sei mesi a questa parte. I contagi corrono, anzi galoppano, anche se i numeri non sembrano elevati per gli standard occidentali. Nel Sol Levante, riuscito a "limitare" i casi a circa 900mila in totale e con meno di 15mila decessi finora, l'80% di queste morti è avvenuto nel 2021. Inoltre, piove sul bagnato, complice una sonnolenta campagna vaccinale: soltanto il 18% della popolazione locale adulta è pienamente immune.

Si teme, poi, che dai Giochi si origini un effetto moltiplicatore. Un copione già visto agli Europei di calcio. E fare convivere 100.000 persone di ogni angolo del Pianeta per due settimane nella stessa metropoli, per poi farle rientrare nei luoghi di provenienza equivale a ciò che finora è stato sconsigliato in tutte le lingue e in tutte le salse.

Nonostante le precauzioni, è quasi scontato che le Olimpiadi favoriscano la diffusione della variante Delta, col pericolo che fungano altresì da calderone in cui si generano, amalgamano e trasmettono nuovi ceppi.

Secondo Brian McCloskey, consigliere del Comitato internazionale olimpico sulle misure anti- Covid, bisogna "evitare che questi casi individuali formino cluster ed eventi superdiffusori". Buoni propositi, che si infrangono contro con una realtà agli antipodi:
a) gli atleti non devono essere vaccinati né per entrare in Giappone né per partecipare alle Olimpiadi, anche se lo è l'80% dei residenti nel Villaggio olimpico;
b) gli atleti e il loro seguito devono arrivare non prima di cinque giorni dell'inizio delle gare e prima della partenza devono sottoporsi a due test anti-Covid. All'arrivo in Giappone è obbligatorio un altro test rapido alla dogana prima di raggiungere il Villaggio olimpico o i rispettivi hotel con veicoli ufficiali di Tokyo 2020. Atleti e visitatori internazionali o giapponesi devono scaricare un'app che permette al Governo di tracciare i loro movimenti e compiere il contact tracing. Gli atleti devono lasciare il Giappone non più tardi di 48 ore dopo aver completato la loro gara o essere stati eliminati;
c) gli atleti sono esclusi dalla quarantena e possono gareggiare da subito;
d) altre "solite" regole: distanziamento e mascherine (quasi) sempre, niente strette di mano, niente mezzi pubblici salvo circostanze eccezionali;
e) tutti i partecipanti ai Giochi sono testati a intervalli regolari. Agli atleti richiesti due test antigienici al giorno, uno al mattino e uno al pomeriggio;
E se uno sportivo risultasse positivo? Quarantena immediata e medaglia "minima" della competizione che stava per svolgere (per esempio, almeno una medaglia d'argento, se a causa del Covid perde la finale). Chiunque sia stato senza mascherina a meno di un metro di distanza per 15 minuti viene considerato contatto ravvicinato.

Un’efficace terapia d'urto? L’inno giapponese imposto a tutti, da intonare prima di ogni gara, viste le ultime tre strofe portafortuna: "Sino a che i sassi (prima) non diventino roccia (seconda) e su questa cresca il muschio (terza)". Un mantra anti-Covid. A cui si aggiunge un’altra soluzione escogitata nell’ultima settimana: la separazione dei Cinque anelli colorati e intrecciati “simbolo” dei Giochi: provocano sconvenienti emulazioni. Ed ecco che anche per i Cerchi vale la regola del distanziamento.

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