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Look stravaganti, l'“uscita” discutibile su Schwazer e un conto (adesso chiuso) col destino: ecco chi è Gimbo Tamberi

C'è modo e modo di gettarsi a terra, e piangere. Nel giro di cinque anni Gianmarco detto ‘Gimbo’ Tamberi - professione saltinaltista - ha sperimentato prima quello più crudele, poi il più dolce.

Montecarlo, 15 luglio 2016. L'attesissimo Gimbo è uno degli uomini di punta della Nazionale italiana di atletica e il meeting di Monaco gli serve per consacrarsi. Un salto: 2.39, ovvero il nuovo record italiano. Ma a Tamberi non basta. “Per favore, alzate l'asticella: portatela a 2.41, ci provo”. “Sicuro, Gimbo?”. “Procedete, tranquilli”. Altro salto, ma stavolta qualcosa va storto. La gamba per l'esattezza. Crack. Gianmarco è un tutt'uno con il dolore mentre si spalma goffamente sul materasso che “custodisce” gli atleti dopo la prestazione. Stavolta però è meno morbido, ha una consistenza decisamente insolita: duro come la consapevolezza di dover lasciare andare via un sogno. Perché ogni atleta sa riconoscere i suoni che emette il proprio corpo. Quel crack fa rima con “Addio Rio, addio Olimpiadi 2016”. Non a caso sono le stesse parole che Tamberi affida ai social network per annunciare che la caviglia è stata sbriciolata (lesione del legamento deltoideo, dipesa dall'eccessiva pronazione del passo che ha portato allo strappo di alcune fibre del legamento anteriore della capsula) sotto i colpi della fame da record. A posteri può somigliare all'ingordigia, ma non c'è atleta al mondo che non punti a migliorarsi. Sempre. Chi non lo ammette, mente.

C'è modo e modo di gettarsi a terra, dunque, e piangere. Anche di gioia, perché no, e a Gimbo - che ha finalmente chiuso i conti con il destino beffardo - è successo anche questo.

Tokyo, 1 agosto 2021. Cinque anni (e poco più) dopo il fragoroso tonfo di Montecarlo, Gianmarco è finalmente lì dove sarebbe dovuto trovarsi nel 2016: in finale nel salto in alto.  Il salto giusto che gli vale il podio virtuale lo trova subito: 2,37. Proprio come quella volta, ci prova ad alzare l'asticella (portandola sul livello del record che infranse prima di spappolare la gamba) perché  è necessario per inseguire il nuovo sogno. Insieme a lui lo fanno anche l'americano Harrison e il qatariota Barshim. Il passo falso dello statunitense serve su un piatto d'argento il testa a testa per l'oro Italia-Qatar. Ma stavolta no, Gimbo non salta. Preferisce spartirsi l'oro con Barshim ed è tutto straordinariamente bello comunque. Può distendersi ancora. E piangere, ma di gioia, prima di appostarsi a bordo pista per attendere la prova del suo compagno di Nazionale, Marcell Jacobs, nei 100 metri. Due secondi dopo che l'atleta di origini texane decide di alimentare la festa nazionale impossessandosi con ferocia dell'oro, agli occhi degli italiani si presenta l'immagine più bella possibile: i due atleti, cinti da una bandiera azzurra, si abbracciano e piangono di gioia. Per una volta, salto in alto e velocità sono due facce della stessa medaglia. Una medaglia d'oro.

Quell'uscita su Schwazer e i look stravaganti: oltre all'atleta c'è di più

Gianmarco non è certo uno che le manda a dire. Evidentemente non è abituato a saltare in alto - molto in alto - solo quando si trova di fronte un'asticella. Nel 2019, ad esempio, utilizza parole pesantissime nei confronti di Alex Schwazer, reo di essersi dopato e “ridopato” (reo confesso nel primo caso, ma “scagionato” nel secondo, in un tempo successivo alle dichiarazioni di Gimbo): Vergogna d'ItaliaNon lo vogliamo, la nostra forza è essere puliti. Una versione opportunamente riveduta e corretta dopo la sentenza pro-Schwazer: Da brividi. Una cosa del genere, se capitasse a qualsiasi atleta al mondo, sarebbe venti volte più dolorosa dell'infortunio che ho subito a pochi giorni dall'Olimpiade.

E il look? Oltre all'atleta c'è di più: capelli biondo platino, ma anche una barbetta a metà. Tamberi ha sempre trovato il modo per curare la “forma”. Ma il suo piatto forte resta sempre la pista d'atletica. E anche chi non lo conosceva prima di Tokyo, ha avuto modo di riempirsene gli occhi. La versione estetica di sé più bella, però, l'ha mostrata in Giappone, portandosi dietro il gesso che gli ha tenuto compagnia più di tutti sin dall'atroce tortura monegasca. Sin da subito vi scrisse sopra“Tokyo”: evidentemente sapeva come sarebbe finita. Gimbo Tamberi è caduto, si è rialzato ed è ricaduto... per vincere.

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