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La settimana della verità per la Brexit di Theresa May

ROMA - Se i parlamentari britannici non approveranno l'accordo sulla Brexit prima del Consiglio europeo di giovedì prossimo c'è il rischio che il Regno Unito "non lasci l'Ue per molti mesi, forse mai". Nella settimana della verità per il destino suo e della Gran Bretagna, Theresa May tenta di recuperare i Tory persi per strada agitando lo spauracchio del fallimento di fronte agli elettori. In una lettera aperta sul quotidiano conservatore Sunday Telegraph, che negli ultimi giorni ha pubblicato editoriali di fuoco contro 'Treason' ('tradimento') May, il primo ministro si appella al "patriottismo" dei deputati di Westminster avvertendoli che di fronte all'ennesima bocciatura Bruxelles potrebbe perdere la pazienza e insistere per un rinvio lungo del divorzio, costringendo quindi il Paese a partecipare alle elezioni Europee di maggio. Questo, scrive la premier, sarebbe "un potente segno del fallimento politico collettivo del Parlamento".

May deve recuperare i Tory ribelli e portare dalla parte del suo accordo gli alleati nordirlandesi del Dup. Senza il loro sostegno, il suo accordo sarà bocciato per la terza volta. Ma i numeri in parlamento ancora non ci sono. Per questo, quando non è chiaro se il voto sarà il 19 o il 20, ma comunque prima del vertice Ue chiamato a dare il via libera al rinvio, hanno preso la parola due pezzi da novanta del governo. Prima il ministro del Commercio estero Liam Fox ("si voterà solo se sappiamo di avere il sostegno necessario"), poi il Cancelliere dello Scacchiere Philip Hammond, che è stato ancora più netto: "L'intesa sarà sottoposta ai deputati se un numero sufficiente di nostri colleghi e del Dup sono disposti a sostenerlo", ha detto parlando con la Bbc e ammettendo anche lui che ad oggi i numeri per mettere al sicuro l'intesa della May "ancora" non ci sono. Secondo fonti del Daily Telegraph, gli unionisti nordirlandesi avrebbero accettato di votare in favore dell'accordo ma in cambio di un posto al tavolo dei futuri negoziati sul commercio con l'Ue.

Sul fronte opposto il leader laburista Jeremy Corbyn porta avanti la sua doppia strategia. Da un lato afferma che il suo partito è pronto a votare il piano May a condizione che sia poi sottoposto a un "referendum confermativo", come previsto da un emendamento laburista. Dall'altro, ben sapendo che quell'emendamento elaborato da due 'backbencher' non solo sarà bocciato dai Tory ma anche dalla maggioranza del Labour, il capo dell'opposizione minaccia una nuova mozione di sfiducia contro il governo con in testa il suo vero obiettivo: elezioni anticipate. Intanto, il Paese continua ad essere in fibrillazione. Secondo il Guardian, i giganti della finanza di stanza a Londra hanno allertato i loro dipendenti sul rischio di trasferimenti "dell'ultimo minuto" in caso di no-deal verso Francoforte, Lussemburgo o Dublino. Una fonte di Goldman Sachs ha rivelato che ad almeno dodici dipendenti è stato chiesto di preparasi a partire anche "di notte".

 

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