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Al via il piano dell'Ue per ridurre la dipendenza da chip asiatici

BRUXELLES - L'Europa scommette sui microchip fatti in casa e lancia il suo piano per ridurre la dipendenza dai giganti asiatici. Dopo mesi di attesa, Bruxelles ha svelato in dettaglio il contenuto dello European Chips Act.

"Con lo European Chips Act vogliamo fare dell'Ue un leader industriale in questo mercato strategico, ci siamo prefissati l'obiettivo di avere nel 2030 qui in Europa il 20% della quota di mercato globale della produzione di chip, ora siamo al 9%, ma durante questo periodo la domanda raddoppierà, questo significa quadruplicare i nostri sforzi". Lo ha detto la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, presentando il disegno di legge sui semiconduttori.

Il Chips Act "sosterrà l'ambizione" dell'Ue di diventare leader nel settore "con investimenti considerevoli: 15 miliardi di euro in ulteriori investimenti privati e pubblici entro il 2030, che si aggiungono ai 30 miliardi di euro che abbiamo già pianificato", finanziati "dal Next Generation Eu, dal programma Horizon e dai bilanci nazionali".

"Questi fondi saranno accompagnati da ulteriori investimenti privati a lungo termine", ha aggiunto Von der Leyen.

"L'Europa è il continente in cui sono iniziate tutte le rivoluzioni industriali. E può essere la patria della prossima rivoluzione industriale", ha sottolineato von der Leyen, indicando che il Chips Act europeo "si concentrerà su cinque aree". In primo luogo, "la ricerca, un campo in cui l'Europa eccelle già": "ci concentreremo ulteriormente su transistor piccoli ed efficienti dal punto di vista energetico e su tecnologie dirompenti per l'intelligenza artificiale", ha spiegato. Il secondo e il terzo obiettivo riguardano invece l'innovazione industriale e la creazione di "impianti di produzione avanzati, che comportano enormi costi iniziali".

"Pertanto - ha evidenziato la presidente dell'esecutivo Ue -, stiamo adattando le nostre norme sugli aiuti di Stato, a condizioni rigorose. Ciò consentirà, per la prima volta, il sostegno pubblico agli impianti di produzione europei 'primi nel loro genere' a beneficio di tutta l'Europa". Bruxelles prevede poi un sostegno anche alle aziende più piccole e innovative, "per trovare dipendenti con le giuste competenze, partner industriali e finanziamenti azionari", ha evidenziato la leader.

L'ultima priorità riguarda la sicurezza delle catene di di approvvigionamento. "Dovrebbe essere chiaro che nessun Paese - e nemmeno Continente - può essere del tutto autosufficiente. L'Europa lavorerà sempre per mantenere i mercati globali aperti e connessi. Nell'interesse del mondo nostro", ha osservato von der Leyen, avvertendo tuttavia circa la necessità di "affrontare le strozzature che rallentano la crescita" europea.

L'Europa, ha aggiunto ancora la presidente, intende costruire "partnership sui chip, con Paesi che la pensano allo stesso modo, come gli Stati Uniti o il Giappone, ma la chiave del nostro successo risiede negli innovatori europei, nei nostri ricercatori di livello mondiale, nelle persone che hanno fatto prosperare il nostro continente nel corso dei decenni".

Si tratta di un piano che, almeno nelle intenzioni, vuole segnare una svolta sulla via della sovranità strategica europea, allontanando il rischio di quelle strozzature nella filiera che tanto hanno fatto soffrire l'intera industria, automotive in testa, in questi mesi. Con la domanda mondiale di chip destinata a raddoppiare nei prossimi otto anni e le crescenti incertezze sul piano geopolitico, l'Europa non può ritrarsi dalla partita con le potenze globali. E, per farlo, sa di avere bisogno di soldi, impianti e nuove regole commerciali.

Ma per ambire alla leadership tecnologica servirà anche adattare la politica commerciale. Non si tratta di "protezionismo" ma di essere "realisti", aveva precisato nei giorni scorsi il commissario europeo per l'Industria, Thierry Breton. Di fatto, il modello potrebbe essere quello usato per assicurarsi l'approvvigionamento dei vaccini un anno fa. "L'obiettivo dell'Europa sarà di stabilire un approccio cooperativo" con i rivali principali nel settore, come Taiwan, Singapore, Giappone, Corea del sud e Stati Uniti. Tuttavia, si leggeva nella bozza del regolamento, "l'Ue dovrebbe essere preparata a un fallimento" della cooperazione, "a un cambiamento improvviso della situazione politica o a crisi impreviste". Tutte eventualità che, è il ragionamento di Bruxelles, non possono mettere in ginocchio l'intera industria europea. Per questo, l'esecutivo propone di introdurre un meccanismo di autorizzazione delle esportazioni, da attivare in caso di crisi, per bloccare l'export di microchip e componenti in determinate circostanze.

Prima di parlare di contromisure commerciali, comunque, la priorità è quella di intensificare la produzione per avere un'alternativa alle forniture asiatiche. L'idea è di procedere con la creazione di nuove 'Mega fab' sul territorio europeo da finanziare con ingenti sovvenzioni pubbliche. Al pari dei cosiddetti Ipcei, i progetti di interesse comune europeo che uniscono più Stati membri per dare vita a campioni industriali in grado di competere con le grandi multinazionali asiatiche e americane.

Nei mesi scorsi Bruxelles ha già acconsentito ad alcune eccezioni per i settori strategici, chip compresi. Ma la guardiana della concorrenza Ue, la danese Margrethe Vestager, è stata chiara: bisogna evitare una corsa ai sussidi all'interno dell'Ue che penalizzerebbe i Paesi più piccoli.

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