BRUXELLES - Disoccupazione, precariato, salute mentale. I giovani, tra le principali vittime della pandemia in Europa, hanno pagato un prezzo sproporzionato per la crisi economica e sociale innescata dall’emergenza sanitaria. È quanto emerge dallo studio preliminare Geography of Covid condotto dal programma di cooperazione europeo Espon, specializzato in analisi regionali.
Complessivamente, la disoccupazione giovanile nelle regioni dell'Ue è aumentata del 21,81% rispetto ai livelli pre-pandemia. Dei giovani rimasti senza lavoro, quelli più a rischio erano impiegati nei settori più interessati dalle restrizioni imposte per arginare la diffusione del Covid, come i servizi di alloggio e ristorazione, e il commercio all'ingrosso e al dettaglio. Di conseguenza, osservano i ricercatori, le economie locali basate principalmente su tali settori hanno registrato una forte crescita del tasso di disoccupazione giovanile.
Gli Stati dell’Ue presentano un quadro variegato, con Slovenia, Lituania e Bulgaria che hanno registrato l’aumento più significativo del tasso di disoccupazione giovanile, rispettivamente il 76,8, il 68,5 ed il 63,2. Dallo studio emerge, inoltre, che i divari maggiori sono stati rilevati all’interno dei paesi stessi. Duramente colpite le regioni a vocazione turistica che hanno registrato un forte aumento della disoccupazione giovanile durante la pandemia. Nel settore del turismo, infatti, i giovani hanno spesso dei contratti a termine, il che li rende più vulnerabili ai licenziamenti.
Più difficile anche l’accesso al mercato del lavoro per i neolaureati, un fenomeno visibile soprattutto nei grandi centri urbani che spesso sono sede di università. Dalla ricerca è emerso che gli enti locali hanno messo a punto iniziative di sostegno sociale a favore di segmenti svantaggiati della popolazione, considerati più esposti alla crisi economica e sociale durante la pandemia, tra cui giovani, donne, bambini e senzatetto.
Oltre alla disoccupazione giovanile, l’emergenza sanitaria ha fatto innalzare anche la quota di Neet, ossia di persone non impegnate né nel lavoro né nella formazione, soprattutto nella fascia di età che va dai 15 e ai 29 anni. I giovani lavoratori, inoltre, sono stati interessati anche da un moderato aumento del tasso di rischio di povertà in metà dei paesi dell’Ue. Secondo un sondaggio condotto da Eurofound nella primavera del 2021, citato dallo studio, quasi i due terzi dei giovani tra i 18 e i 34 anni erano a rischio di depressione, un deterioramento della salute mentale particolarmente accentuato tra coloro che avevano perso il lavoro.