ROMA, 23 LUG - Gli auguri del giorno prima li
respinge al mittente, "perché portano male", dice. Ma nella sua
vita si è divertito tanto: ha giocato, segnato (molto), vinto e
fatto discutere (chi ricorda un gesto dell'ombrello nel 1969 a
Palermo, con conseguente invasione di campo e l'arbitro
Sbardella che lascia la Favorita in elicottero). Luci e ombre
dell'ottantenne Josè Altafini (nato il 24 luglio 1938), di
professione bomber dei due mondi, che oggi vive ad Alessandria
con poco: ha dato tanti dispiaceri in Brasile come in Italia, è
stato amato, osannato. "Nella mia vita ho realizzato tanto, ma
tre cose le voglio ricordare - dice Altafini, detto 'Mazzola'
(nel senso di Valentino, ndr) -: ho coronato il sogno di giocare
al calcio, e questa è la cosa più importante. Ma non solo: ho
vinto un Campionato del mondo con la Selecao in Svezia, nel
1958; ho vinto la prima Coppa dei Campioni con una squadra
italiana, segnando la doppietta decisiva del 2-1 milanista sul
Benfica, a Wembley. Era il 1963. Basta e avanza".
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