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Ecco un 'freno' molecolare che potrebbe fermare parodontite

Scoperto un freno molecolare dell'infiammazione che potrebbe aiutare a proteggere dalla parodontite (che colpisce gengive e ossa della bocca) e anche dall'osteoporosi. Si tratta della proteina "TTP" il cui ruolo cruciale contro l'infiammazione è stato svelato da Keith Kirkwood, del dipartimento di Biologia Orale dell'Università di Buffalo.

Secondo esperimenti su animali finanziati dal National Institute of Dental and Craniofacial Research statunitense (parte dei National Institutes of Health) e riportati sul Journal of Dental Research, l'assenza di questa molecola toglie il freno all'infiammazione e porta a una perdita importante di osso nel cavo orale. L'infiammazione è una reazione fisiologica del sistema immunitario a un'infezione o una lesione ma quando è eccessiva provoca danni. TTP, dunque, si è rivelato essere un importante controllore del sistema immunitario e potrebbe un giorno divenire al centro di nuove terapie anche preventive per osteoporosi e parodontite.

"Per quanto riguarda la parodontite, da tempo abbiamo concentrato il nostro interesse oltre che sull'azione dei batteri anche e soprattutto sulla risposta immunitaria dell'individuo - ha spiegato in un commento all'ANSA Mario Aimetti dell'Università di Torino e Presidente della Società Italiana di Parodontologia e Implantologia. La placca batterica è una condizione necessaria ma non sufficiente per lo sviluppo di questa malattia infiammatoria cronica. A parità di carica batterica alcuni individui presentano malattia e altri no. Ora questo studio dimostra come la carenza di espressione di questa proteina sembra rendere l'osso più vulnerabile a processi infiammatori dovuti alla carica batterica". Gli scienziati Usa hanno visto che topi incapaci di produrre TTP vanno incontro a rilevante perdita (del 20% in nove mesi) di osso del cavo orale e che cavie che producono un eccesso di TTP sono protetti da infiammazione e presentano un ridotto turnover dell'osso. "Si tratta di uno studio piuttosto interessante - conclude Aimetti - anche se eseguito solo su animali, perché si incentra sulla risposta immunitaria del singolo individuo a un determinato agente causale". L'obiettivo di questo e altri studi simili è quello di portare allo sviluppo di terapie mirate sul paziente, ovvero basate sull'identificazione delle risposte immunitarie del singolo individuo".

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