Si manifesta con ferite sull’epidermide che non rimarginano e che colpiscono zone molto esposte alla luce e anche molto visibili. Il carcinoma cutaneo a cellule squamose, poco noto e relativamente raro, colpisce circa 11mila italiani ogni anno e sebbene sia facile da curare negli stadi precoci, quando può bastare la sola chirurgia, diventa particolarmente aggressivo e fatale nelle forme avanzate o metastatiche. Ha un notevole impatto sulla qualità di vita dei pazienti perché può deturpare le persone e portarle a isolamento e depressione. Oggi, però, si aprono nuovi scenari di cura anche per i malati più «difficili».
«Prevenire e diagnosticare tempestivamente anche gli stadi localmente avanzati della patologia permette di intervenire ed evitare la sua rapida progressione - spiega Iris Zalaudek, direttore della Clinica Dermatologica dell’Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Trieste e presidente dell’International Dermoscopy Society -. Grazie al progresso in diagnostica, oggi è possibile intervenire immediatamente attraverso l’asportazione chirurgica degli stadi iniziali o implementare strategie terapeutiche corrette negli stadi avanzati: la dermatoscopia consiste infatti in un esame non invasivo che consente di identificare i criteri morfologici altrimenti non visibili a occhio nudo».
Il carcinoma cutaneo a cellule squamose si presenta inizialmente sotto forma di placche, noduli o lesioni verrucose o anche con un’ulcera sanguinante, indolore, ma che non cicatrizza. «Queste lesioni si sviluppano localmente in zone particolarmente esposte alla luce solare, come cuoio cappelluto, viso, collo, braccia o gambe - continua Zalaudek - e la loro degenerazione può portare a lesioni sempre più profonde o sporgenti che possono deturpare chi ne soffre in zone spesso particolarmente visibili. La natura potenzialmente sfigurante di questo tipo di tumore della pelle può avere un forte impatto sulla qualità di vita dei pazienti e dei loro familiari».
Chirurgia e radioterapia a scopo curativo, spesso risolutive nelle fasi precoci, non possono contrastare efficacemente quel 3 per cento di casi in cui la malattia cresce a livello locale oppure presenta metastasi. In queste fasi avanzate di malattia, a causa dello stato di salute dei pazienti o perché la rimozione chirurgica risulterebbe sfigurante, non esisteva fino a poco tempo fa uno standard di cura efficace. Oggi è però possibile affidarsi alle nuove prospettive offerte dall’immuno-oncologia, quel ramo dell’oncologia che attiva e stimola il sistema immunitario a riconoscere e attaccare le cellule tumorali: un nuovo anticorpo monoclonale anti-PD-1, cemiplimab, è stato recentemente autorizzato alla commercializzazione in Europa (non ancora approvato dall’Aifa in Italia) per il trattamento del carcinoma cutaneo a cellule squamose avanzato (localmente avanzato o metastatico) in pazienti adulti non candidabili a chirurgia e radioterapia curative.
«Le soluzioni terapeutiche immuno-oncologiche che agiscono bloccando il percorso di segnalazione della proteina PD-1 (proteina di morte cellulare programmata di tipo uno) e consentono al sistema immunitario del paziente di attaccare le cellule tumorali - chiarisce Paolo Bossi, professore di Oncologia Medica all'Università di Brescia -. Si tratta di una vera e propria svolta in termini terapeutici per quei pazienti che non hanno risposte efficaci dagli altri trattamenti, perché presenta dei miglioramenti significativi nel tasso di risposta al trattamento e della durata della risposta nel tempo».
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