Un sottogruppo di tumori polmonari con prognosi estremamente sfavorevole potrebbe essere positivamente trattato utilizzando farmaci che bloccano la proteina ERK. Queste le conclusioni di uno studio coordinato dall’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS di Milano, sostenuto dalla Fondazione Airc.
La ricerca, pubblicata sul Journal of Thoracic Oncology, ha dimostrato che tumori con mutazioni nel gene LKB1, anche in presenza di mutazioni del gene KRAS, pur essendo forme tra le più aggressive di cancro del polmone, sono sensibili al trattamento con farmaci che inibiscono ERK, una proteina che rappresenta uno snodo importante per diversi sistemi che regolano le attività di base e il coordinamento delle azioni delle cellule.
Mediante l’utilizzo di una tecnologia denominata CRISPR-Cas9, che permette di modificare il genoma in maniera molto precisa ed efficiente, in laboratorio sono stati ricreati dei sistemi cellulari con le stesse alterazioni presenti nei tumori umani e si è potuto stabilire che la mancanza di LKB1 determina una vulnerabilità del tumore che può essere sfruttata utilizzando inibitori di ERK. I risultati dovranno essere a questo punto confermati in studi preclinici e clinici.
«Questo risultato - spiega Mirko Marabese, responsabile dell’Unità di Genetica Molecolare dell’Istituto Mario Negri - è molto promettente perchè sono attualmente in corso sperimentazioni cliniche con i farmaci che inibiscono ERK. La possibilità di utilizzare questi inibitori in questo gruppo di pazienti particolarmente svantaggiati è attraente, considerando che le cellule normali dei pazienti stessi non presentano la mutazione di LKB1 (mutazione presente solo a livello del tumore). In altre parole, le parti dell’organismo non toccate dal tumore dovrebbero essere insensibili al trattamento stesso, con conseguente minore tossicità».
Il tumore del polmone rimane uno dei tumori a più alta incidenza e causa di un numero rilevante di decessi in Italia e nel mondo. Diverse sono le alterazioni a livello del Dna che caratterizzano questo tumore, e tra i geni più frequentemente mutati vi sono KRAS e LKB1. I tumori con mutazioni a carico di KRAS e LKB1 sono tra i più aggressivi e con una prognosi estremamente sfavorevole anche perché nessuna terapia a bersaglio molecolare è al momento disponibile per questi pazienti. L’Unità di Genetica Molecolare dell’Istituto Mario Negri è da tempo impegnata nell’identificare vulnerabilità di questi tumori che possano portare a identificare nuove terapie.
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