CAGLIARI (ITALPRESS) - "La grande sfida è stata quella di coordinare un gruppo di oltre 15 chirurghi, infermieri e anestesisti per 18 ore di intervento". Così il professore Paolo Sassu, chirurgo sardo specializzato in interventi alle mani, ha raccontato il primo trapianto bilaterale di mani nei paesi scandinavi eseguito sotto il suo coordinamento allo Sahlgrenska University Hospital in Svezia. "Lo scopo principale dell'equipe è stato assicurarsi che ossa, vene, tendini e nervi fossero connessi - ha proseguito il professore - in modo che le funzionalità della mano e la mobilità fossero al meglio possibile". Il trapianto bilaterale di mani è un procedimento molto complesso che richiede un doppio intervento simultaneo sul donatore e sul ricevente, rendendo necessario un preciso lavoro di coordinamento oltre all'abilità dei chirurghi all'opera. Il paziente aveva perso entrambe le mani a causa di un'infezione subita due anni prima ed è stato dimesso dopo quattro settimane di riabilitazione, ma già dopo ventiquattro ore dall'operazione di trapianto è stato capace di muovere tutte e dieci le dita.
"La procedura chirurgica ha richiesto una pianificazione e un allenamento durati cinque anni", ha spiegato Per Fredrikson, specialista di chirurgia delle mani e ideatore della tecnica applicata per connettere l'osso del donatore con l'avambraccio del ricevente. "Il fatto che siamo in grado di svolgere questo genere di procedure avanzate è un segno dell'eccellenza raggiunta dallo Sahlgrenska University Hospital", ha chiosato Sassu. L'intervento si è reso necessario a causa delle difficoltà del paziente nel gestire delle protesi, che nei casi di amputazione doppia non sempre ottengono i risultati sperati, rendendo difficilissimi tutti i gesti quotidiani più semplici.
(ITALPRESS).