ROMA (ITALPRESS) - Il consumo dei farmaci è più elevato tra i soggetti residenti nelle aree più svantaggiate, probabilmente a causa del peggior stato di salute di questi soggetti, che potrebbe essere associato ad uno stile di vita non corretto. E' quanto emerge dal Rapporto "Atlante delle disuguaglianze sociali nell'uso dei farmaci per la cura delle principali malattie croniche", una pubblicazione promossa dall'Agenzia Nazionale del Farmaco e dall'Osservatorio Nazionale sull'impiego dei farmaci che analizza le differenze territoriali e le disparità sociali dell'assistenza farmaceutica in Italia. "E' la prima importante pubblicazione sul tema della disparità sociale nell'assistenza farmaceutica e nell'universalità del nostro Servizio Sanitario Nazionale", ha detto Nicola Magrini, direttore generale Aifa, nel corso della presentazione del Rapporto.
"Tra i fattori determinanti dell'uso dei farmaci vi è anche lo stato socio-economico, con il grado di scolarizzazione delle persone, nell'ambito di un sistema universalistico, come il sistema sanitario nazionale, è importante valutare come l'accesso ai farmaci avviene nell'ambito della patologie croniche: è stato evidenziato che l'uso dei farmaci è più alto e più associato alle condizioni più disagiate, quasi a mostrare un indicatore di patologie, di richiesta sanitaria, in particolare nel sud Italia", ha aggiunto.
Dall'Aifa ricordano che la posizione socioeconomica non preclude l'accesso alle cure, ma è, al contrario, fortemente correlata con l'uso dei farmaci. "L'obiettivo dell'Atlante è quello di confrontare e descrive l'uso dei farmaci utilizzati a livello territoriale, per le principali patologie croniche in Italia, tra gruppi di popolazione con differenti livelli di derivazione socio-economici - ha spiegato Serena Perna, Aifa -, l'impiego dei farmaci è un forte determinante dello stato di salute della popolazione".
In Italia, nonostante il crescente miglioramento delle condizioni di salute che si è osservato negli ultimi anni, rimangono importanti disuguaglianze di salute. Ad esempio, tra gli uomini italiani negli anni duemila si osservano più di cinque anni di differenza nella speranza di vita tra chi ha continuato a fare l'operaio non qualificato per tutta la sua vita lavorativa rispetto a chi è diventato dirigente, con aspettative di vita crescenti salendo lungo la scala sociale. Il rischio di morire cresce con l'abbassarsi del titolo di studio. Chi ha un diploma ha un rischio di morire maggiore del 16% rispetto a un laureato, chi ha la licenza media del 46%, chi ha quella elementare del 78%.
Diverse sono le patologie croniche che mostrano disuguaglianze anche territoriali, come l'obesità più diffusa al sud e nelle isole che va di pari passo con la distribuzione della prevalenza di inattività fisica. Fenomeni sociali, come le disparità culturali e socio- economiche, costituiscono fattori ambientali in grado di condizionare lo sviluppo delle malattie cardiovascolari in genere. E' noto inoltre come la mancata aderenza alle terapie farmacologiche sia un fenomeno diffuso tra i pazienti con fattori di rischio o patologie cardiovascolari, ed interesserebbe oltre il 50-60% dei pazienti in prevenzione cardiovascolare primaria e il 30-40% di quelli in prevenzione secondaria. In aumento la demenza definita dall'OMS e dall'Alzheimer Disease International una priorità mondiale di salute pubblica. Il principale fattore di rischio associato all'insorgenza della demenza è l'età (solo il 5% circa esordisce prima dei 65 anni), ma sono stati identificati altri fattori di rischio che sono legati allo stile di vita, e quindi potenzialmente modificabili: diabete, ipertensione, obesità, inattività fisica, depressione, fumo e basso livello di istruzione.
Legata a condizioni socio-economiche svantaggiate anche l'ipertensione: la pressione arteriosa media e la prevalenza di ipertensione sono maggiori nei soggetti con basso livello di istruzione. Nel periodo 2008-2012, i valori medi di pressione arteriosa negli uomini di età 35-74 anni con almeno un diploma di scuola superiore erano pari a 131/84 mmHg contro i 134/86 mmHg degli uomini con licenza media o elementare e la prevalenza di ipertensione era, rispettivamente, del 54,1% e del 50,4%. Nelle donne i valori medi di pressione arteriosa erano pari a 125/78 mmHg in quelle maggiormente istruite, contro i 129/80 mmHg delle meno istruite, a cui corrispondeva una prevalenza di ipertensione, rispetti-vamente, del 33,6% e del 41,7%. L'aderenza alla terapia antipertensiva non sembra essere influenzata dai fattori socioeconomici.
(ITALPRESS).