Pronta la mappa del Dna dell'ulivo. O meglio di quello selvatico, chiamato olivastro, considerato l'antenato degli ulivi coltivati. Il suo nome scientifico è Olea europea var. Sylvestris, ed è 'partito' dall'Asia minore prima di arrivare nel bacino del Mediterraneo, 'culla' di diverse varietà di ulivi. Lo spiegano sulla rivista dell'Accademia delle scienze americane (Pnas) i ricercatori dell'università belga di Ghent, guidati da Yves Van de Peer.
La mappa del genoma dell'ulivo selvatico è stata la chiave per ricostruire l'evoluzione dei tratti utili alla produzione dell'olio d'oliva. Mettendo a confronto il genoma dell'olivastro con quello di altre nove varietà di piante, i ricercatori hanno visto che gli ulivi coltivati hanno un genoma di dimensioni più piccole, anche se con un numero maggiore di geni.
L'ulivo selvatico è il risultato di oltre 50.000 geni (contro i 56.000 del Dna dell'olivo coltivato), e mostra i segni di molteplici duplicazioni genetiche avvenute in passato, in particolare nei periodi che risalgono a 28 milioni e 59 milioni di anni fa. In queste due occasioni si sono allargate e diversificate le funzioni dei geni responsabili di particolari caratteristiche dell'olio d'oliva, come l'alto contenuto di acido oleico (75%), la sua principale componente, e l'acido linoleico (5,5%).
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