Un'enorme quantità di dati genetici raccolti da 25 centri di ricerca in tutto il mondo, con la collaborazione di matematici e bioinformatici, ha messo alle strette una forma di tumore del cervello finora inattaccabile con l'immunoterapia, la terapia che scaglia le difese immunitarie contro i tumori premiata con il Nobel per la Medicina 2018. Il risultato, pubblicato sulla rivista Nature Medicine, si deve alla ricerca coordinata dagli italiani Antonio Iavarone e Anna Lasorella, che da anni lavorano nella Columbia University di New York. Per l'Italia hanno collaborato l'istituto neurologico Besta di Milano e l'ospedale pediatrico di Roma Bambino Gesù.
Big Data hanno permesso di ricostruire la mappa molecolare del glioma, il tumore del cervello legato alla malattia genetica chiamata neurofibromatosi di tipo 1 (Nf1). E' emerso così che in questa forma di tumore sono presenti delle cellule immunitarie (linfociti T), che ora possono essere usate per combattere la malattia. "Si apre la strada a cure personalizzate anche per questa forma di tumore", ha detto Iavarone all'ANSA. "La mappa molecolare - ha spiegato - permette di selezionare in anticipo i tumori che hanno linfociti T e che possono essere trattati con l'immunoterapia". sulla scia del grande ottimismo per le potenzialità di questa tecnica.
Grazie all'analisi basata sui Big Data, ha proseguito, "capire se in un tumore ci sono linfociti o no è molto semplice. Ci sono molti algoritmi per studiare questi dati e la loro analisi, condotta con l'aiuto dell'intelligenza artificiale, ci permette di analizzare le caratteristiche dei tumori". Il risultato appena ottenuto è stato possibile grazie a una collaborazione internazionale durata quattro anni, cui hanno collaborato matematici che non avevano mai avuto nulla a che fare con la biologia.
"Se analisi come queste fossero disponibili in tempo reale - ha rilevato - si darebbero delle opportunità di cura a molti pazienti con tumori difficili da curare". Lo dimostra il caso dei gliomi legati alla neurofibromatosi di tipo 1, "un dato che ci ha sorpreso - ha detto Lasorella - è che circa il 50% dei gliomi a crescita più lenta in pazienti con NF1 contenevano un numero molto alto di linfociti T, cellule in grado di riconoscere le cellule tumorali come estranee e distruggerle". Di conseguenza, ha aggiunto, questi tumori sono potenzialmente attaccabili con l'immunoterapia e si stanno preparando le prime sperimentazioni cliniche.
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