Bistecche coltivate in provetta, mescolando sapientemente muscolo e grasso per salvaguardare il gusto oltre che ridurre l’impatto ambientale degli allevamenti. E ancora, borse e cinture di pelle vegetale ottenuta da funghi e scarti agricoli, per abbattere i costi e le emissioni inquinanti della concia. Sono tante le idee sostenibili del biotech italiano presentate dalle startup finaliste di 'BioInItaly Investment Forum & Intesa Sanpaolo StartUp Initiative', la due giorni organizzata da Assobiotec-Federchimica, Intesa Sanpaolo Innovation Center e Cluster Nazionale della Chimica Verde Spring per fare incontrare imprese e progetti innovativi alla ricerca di capitali con investitori di tutto il mondo. A catalizzare l’attenzione, facendo incetta di premi, è stata la startup Mogu, che aveva già partecipato all’iniziativa nel 2015 con il bio-polistirolo, prodotto grazie alla fermentazione operata da funghi 'nutriti' con scarti agricoli e alimentari. «Ora stiamo per sbarcare sul mercato con i nostri primi prodotti, ovvero dei pannelli fonoassorbenti di design per interni, ma allo stesso tempo stiamo lavorando a una nuova applicazione della nostra biotecnologia che punta a creare un materiale innovativo, simile alla pelle, per il mondo della moda», spiega Gianluca Belotti, business development manager di Mogu. «Come materia prima usiamo residui ligneo-cellulosici come gli scarti agro-industriali: diamo queste biomasse in pasto a un fungo filamentoso, simile a una muffa, che poi lavoriamo senza particolari input chimici o energetici. Otteniamo così un materiale flessibile, prodotto in fogli, che può essere colorato e usato per creare accessori come portafogli, cinture e borse. Stiamo già negoziando con importanti marchi del settore per sviluppare i primi prototipi». È invece ancora in fase embrionale il progetto della startup Bruno Meat, che si costituirà a breve per studiare una nuova 'ricetta' più sostenibile con cui produrre la carne in provetta a partire da cellule staminali. «Ci sono ancora molte criticità che impediscono di portare il processo produttivo sperimentato in laboratorio su scala industriale», spiegano i ricercatori. Il problema principale restano i costi proibitivi, «dovuti ai materiali e alle condizioni necessarie a produrre la carne coltivata: i protocolli prevedono l’uso di fattori di crescita e differenziamento cellulare molto cari e perfino di origine animale, cosa assolutamente in contrasto con l’obiettivo di ridurre il ricorso agli allevamenti», sottolineano i ricercatori. «Altro elemento cruciale è che le tecnologie attuali consentono di produrre solo muscolo o grasso, senza consentire quel giusto mix che rende la carne gustosa». Per superare questi ostacoli, «stiamo valutando un nuovo approccio biotecnologico che permetta di produrre carne 'pulita' ed economicamente sostenibile riducendo al minimo la necessità di questi reagenti costosi, e che consenta di dosare a piacere la quantità di grasso per modulare il contenuto nutritivo e calorico».