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Brexit, l'agroalimentare italiano vale il 6% dell'import britannico,

L'agroalimentare italiano vale il 6% delle importazioni del Regno Unito. A fare il punto sul ruolo che questo mercato detiene per il sistema agroalimentare e sui rischi collegati ai potenziali effetti della Brexit è il III Forum Agrifood Monitor di Nomisma e Crif.

Con un valore superiore ai 3 miliardi di euro, il Regno Unito rappresenta il quarto mercato per l'export agroalimentare italiano ma il primo per Prosecco (4 bottiglie su 10 esportate finiscono in questo paese), pelati e polpe di pomodoro (20% dell'export a valore).

Il Regno Unito rappresenta il sesto mercato al mondo per import di prodotti agroalimentari, per un totale di 56 miliardi di euro, e il secondo per consumi a livello europeo (250 miliardi di euro nel 2017).

Si tratta di un Paese dove l'autosufficienza alimentare non supera il 50% e per tale motivo fortemente dipendente dalle importazioni, in particolare dai partner europei, dato che il 70% delle forniture di alimentari proviene proprio da questi Paesi. Vista dall'altra sponda, la Gran Bretagna si configura come il quarto mercato di export alimentare più importante, dopo Germania, Francia e Stati Uniti. Un mercato che nell'ultimo decennio ha aumentato i propri acquisti di prodotti del Made in Italy del 43%, ben più di quanto fatto nei confronti dei nostri concorrenti francesi o olandesi, ma meno rispetto a quelli spagnoli o tedeschi (+55%). Tuttavia, se dal dato dell'export agroalimentare complessivo si passa a considerare quello delle singole produzioni, la rilevanza del Regno Unito assume ben altri contorni. Sono diversi i casi fortemente legati agli acquisti dal Regno Unito, ricorda Denis Pantini, responsabile dell'Area Agroalimentare di Nomisma, dal Prosecco, ai pelati e alle polpe di pomodoro, ma anche i formaggi grana Dop (Parmigiano Reggiano e Grana Padano) che contano sul Regno Unito per il 9% delle proprie vendite oltre frontiera. 
   

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