ROMA - "L'export dell'agrifood italiano ha ancora un grande margine di crescita". E se "il forte appeal della dieta mediterranea e del Made in Italy nel mondo" è il vero punto di forza, a fronte di consumi nazionali per generi alimentari (243 miliardi nel 2017) in ripresa ma ancora lontani dai livelli pre-crisi, la domanda estera è il cardine del settore.
Nel 2017 il 24% del fatturato agroalimentare si deve all'export (era il 20% nel 2012) ma soprattutto lo scenario al 2022 lo vede consolidarsi non solo negli Stati Uniti con un tasso medio annuo (Cagr) di crescita stimato del +6,5% e in Germania del +4% (periodo 2017-2022) ma anche in alcuni mercati emergenti come la Cina (+12%) e la Corea del Sud (+8,5%).
Emerge da uno studio di Nomisma sulle potenzialità dell'Agrifood made in Italy, presentato in occasione di "The italian food style: nuove terre, nuovi modelli" incontro di Agronetwork (associazione per l'agroindustria costituita da Confagricoltura, Università Luiss Guido Carli e Nomisma), con il contributo di Bnp Paribas. Così il futuro, secondo il nuovo indicatore Italian Agrifood Mkt Potential Index di Nomisma (su variabili come redditi pro-capite, consumi alimentari, import agroalimentare, ruolo dei prodotti italiani e presenza di dazi e altre barriere agli scambi commerciali) per il prossimo quinquennio su 10 mercati target, 5 bandiera (consolidati) e 5 frontiera (emergenti) spiega Denis Pantini, Responsabile Area Agroalimentare di Nomisma "vede un export ancora in crescita con in testa gli Stati Uniti a quota 100".
Emerge poi che gli altri mercati con le maggiori potenzialità per l'agroalimentare nazionale sono la Germania (97) e la Cina (94). Seguono Canada (73), Giappone (72) e poi distanziati Polonia (52), Regno Unito (42), Corea del Sud (38), Australia (29) e Polonia (15).(ANSA).
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