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L'olio "non può parlare", aggettivi vietati in etichetta

(ANSA) - ROMA, 9 DIC - Come il vino viene scelto per un perfetto abbinamento al piatto, così l'olio dovrebbe poter essere selezionato per esaltare al meglio il gusto del cibo.

Perché anche l'olio ha caratteristiche diverse per territorio e produzione e quindi peculiarità che non vanno sottovalutate. Ma mentre per il primo l'etichetta "può parlare", spiegare e dare suggerimenti, per il secondo no. Anzi, se lo si fa si rischia addirittura un procedimento penale. Questo perché ogni aggettivo utilizzato in etichetta per descrivere l'olio deve essere comprovato da un certificato che ne attesti il parametro (chimico-fisico o organolettico) e lo stesso deve rimanere stabile durante tutta la shelf-life del prodotto. Obiettivo dei produttori di olio, dunque, è "raggiungere il livello del vino", spiega Chiara Coricelli amministratore delegato dell'azienda di famiglia "Pietro Coricelli", fondata nel 1939 dal nonno a Spoleto, in Umbria, (che nel 2009 ha acquisito il marchio olio Cirio) e che oggi esporta in oltre 110 paesi del mondo per un fatturato stimato nel 2018 in crescita a 130 milioni di euro (di cui 50% dall'Italia, 30% dal nord America e 5% dal Giappone attraverso 6 linee operative).

"L'olio extravergine - rileva la manager - è un prodotto 'vivo', per questo motivo cambia nel gusto e nei parametri chimico-fisici durante la shelf-life, in un certo senso 'invecchia' perdendo nel tempo l'intensità di gusto. Se è possibile determinare i parametri di un olio extra vergine validi per 12 mesi rimanendo nei valori stabiliti dalla legge diventa impossibile quando si parla di aggettivazioni di gusto, anche quando la valutazione viene fatta da professionisti vi è sempre una certa soggettività".

Se si utilizza un aggettivo come fruttato o dolce, secondo la normativa la mediana dello stesso deve rimanere entro un certo parametro, mantenersi identica nel tempo e rilevata come tale da panel test diversi. "Quello che accade spesso oggi è che panel test diversi diano risultati diversi nella classificazione di olio vergine ed extravergine. Con questo metodo di analisi è pertanto impossibile mantenere parametri costanti nel tempo come indica la normativa", continua Chiara Coricelli. "Se mettiamo in etichetta un attributo di gusto che poi ad una valutazione a posteriori non risulta conforme a quanto indicato, magari perchè non è stato conservato correttamente sullo scaffale, andiamo incontro al rischio di frode commerciale". Questo il motivo per cui le etichette sono tutte pressoché identiche sugli scaffali dei supermercati.

Ma un percorso verso un'etichetta come per il vino "sarebbe una crescita culturale", osserva Chiara Coricelli. Sugli scaffali dei supermercati la sfilata di tante bottiglie di olio non aiuta il consumatore nella scelta mentre "lo scaffale dovrebbe essere evoluto, bisognerebbe farlo parlare" spiega la manager osservando che "c'è una grande frammentazione" e ad esempio "un olio artigianale o 100% italiano non è sempre sinonimo di qualità". Quindi "è un problema istituzionale" aggiunge Coricelli suggerendo un "dialogo delle associazioni di categoria con la Grande distribuzione affinchè ci sia una formazione del personale nei reparti a cui chiedere informazioni e dettagli sugli oli" per scegliere quello per "condire la tavola di ogni giorno o nelle grandi occasioni".

E che bisogna conoscere per poter scegliere al meglio lo dimostra l'azienda di Spoleto che ha un ampio ventaglio di oli: dall'extravergine di oliva a quelli di riso e semi di vinacciolo, a quelli aromatizzati con erbe e spezie dal mondo (dai più etnici allo zenzero e alla curcuma ai più profumati tartufo e menta, ce ne sono una quindicina), a quelli della linea Ethnos per i palati gourmand (all'argan, avocado,sesamo, chia, cocco solo per fare qualche esempio) a quello dedicato solo alla frittura. Coricelli i suoi suggerimenti per gli abbinamenti li offre attraverso il Qr code, un codice impresso sull'etichetta che rimanda al sito web dell'azienda. (ANSA).

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