ROMA - Il made in Italy vince nel piatto degli italiani perché le materie prime nazionali sono migliori, ma anche perché il rispetto dei diritti dei lavoratori è sinonimo di una filiera di qualità. E' quanto emerge da un sondaggio condotto da Fondazione Di Vittorio e Tecnè per conto della Flai Cgil, presentato oggi nella prima giornata del congresso nazionale del sindacato alimentare, che mette a fuoco i consumi alimentari delle famiglie e le loro motivazioni di acquisto. Al campione nazionale intervistato è stato chiesto di effettuare la spesa mensile utilizzando un budget di 458 euro all'interno di un negozio virtuale con 50 prodotti. Emergono così i criteri con i quali gli italiani riempiono il carrello della spesa.
Se al primo posto mettono le materie prime nazionali, seguono appaiati la produzione in Italia e il rispetto dei lavoratori e più arretrata la notorietà del prodotto. Per rimanere nel budget assegnato, sforato dagli intervistati in media di 43 euro, sono diverse le soluzioni adottate dalle famiglie a seconda di tipologia del prodotto, area geografica, professione e condizione economica. Le più agiate, secondo il sondaggio, riducono meno la qualità, mentre quelle con meno risorse tagliano sia qualità che quantità in modo più elevato. Nel Mezzogiorno si ha la punta più alta delle quantità non acquistate, così come tra le persone che vivono da sole o che si trovano in disagio occupazionale. In generale emerge con forza il tema della produzione e dei prodotti nazionali, ma secondo il campione la condizione del lavoratore che produce risulta parte integrante della qualità del prodotto.
Un aspetto, questo, da tenere in considerazione per la valorizzazione e l'eticità della filiera, conclude il sondaggio, rafforzando così in Italia e all'estero il concetto del made in Italy.