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Tartufi in calo, colpa del clima ma anche dei cinghiali

I cinghiali non vanno pazzi per i tartufi e questa è una bella notizia, meno buona è che con il loro calpestio schiacciano il terreno impedendo lo sviluppo dei preziosi funghi ipogei. Provocando danni che si aggiungono così a quelli causati dall'antropizzazione e dal clima, responsabili nel loro complesso di un crescente e costante calo della produzione.

A fare il punto con della situazione del comparto è il ricercatore del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria a Gorizia, Gilberto Bragato, esperto di suoli e ambienti tartufigeni da oltre 30 anni.

"I cinghiali pur essendo scavatori non sono, come molti potrebbero pensare, particolarmente ghiotti di tartufi - spiega Bragato - tuttavia costituiscono una grave minaccia per la produzione sia per le tartufaie naturali sia per quelle coltivate. Un problema che sicuramente è stato acuito negli ultimi anni dalla loro proliferazione".

Gli ungulati, infatti, camminando compattano il suolo con il loro peso e, nei versanti, ne incrementano l'erosione impedendo così la fruttificazione del fungo che nasce e cresce sotto terra, creando un binomio perfetto con le radici di alcune specie di alberi. Impossibile stimare i danni provocati dai cinghiali alla produzione italiana di tartufi che interessa buona parte del territorio nazionale dal Piemonte alla Calabria, alle isole, ma si tratta di un problema che in parte contribuisce alla loro diminuzione.

"Possiamo dire che in Italia dagli anni '70 a oggi il calo complessivo è di circa il 50%", stima Bragato, secondo il quale sul banco degli imputati c'è innanzitutto l'antropizzazione e l'abbandono dei territorio. "Molti pascoli sono spariti in alcune zone dell'alto Appennino dove i boschi si sono infittiti, impedendo così la fruttificazione dei tartufi e la loro ricerca", spiega il ricercatore, evidenziando un quadro dove ha un peso anche il cambiamento climatico in atto.

La quasi assenza di piogge a settembre e ad ottobre e le temperature più alte hanno di fatto spostato in avanti di circa un mese il periodo di raccolta delle più importanti specie autunno-invernali, vale a dire il bianco pregiato, il nero pregiato e il tartufo uncinato.

Nel caso specifico del bianco pregiato che non può essere coltivato, lo spostamento temporale comporta una certa presenza di tartufi anche nel mese di gennaio, mentre la legge che ne regola la raccolta fissa il termine ultimo al 31 dicembre.

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