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Ritorno in Borgogna, Klapisch d'annata

(ANSA) - PARIGI, 17 OTT - Il vino innanzitutto, con la sua cultura, le sue stagioni, i suoi ritmi. Ma anche la campagna, la famiglia, le radici. Cedric Klapisch racconta l'incontro fra i giovani del nuovo secolo, globalizzati e nomadi, con l'archetipo francese della tradizione, il vino e la sua cultura. Qualcosa di unico, come spiega all'ANSA il regista francese: "Sono entrato dentro la cultura dei 'vignerons', quelli che fanno il vino, personaggi particolari e diversi da chi abita in città ma anche da chi vive in campagna".
    "Ritorno in Borgogna", in uscita nelle sale italiane il 19 ottobre - "Ce Qui Nous Lie" (Quello che ci lega) in francese - è un film che ha riportato i francesi nel mondo, nei paesaggi, nei colori della loro tradizione più profonda, senza nulla nascondere dello scontro stridente con l'attualità. A tornare in famiglia dalla lontana Australia, dove se n'era andato 10 anni prima, è il primo di tre fratelli, Jean (Pio Marmai). Torna nel grande vigneto di Meursault in Borgogna per rivedere il padre sul letto di morte. Rivede la sorella Juliette (Ana Girardot) e il fratello Jeremie (Francois Civil), con i quali ora deve condividere nuove responsabilità. In particolare, trovare una grossa somma di denaro con la quale pagare le tasse di successione. Al ritmo del susseguirsi delle stagioni, i tre giovani adulti riscoprono e reinventano i legami familiari, uniti dalla passione per il vino.
    Il vino e le stagioni, i ritmi immutabili della natura, i legami della famiglia: tanti temi che scavano nel profondo dei francesi ma che sono pienamente nella tradizione italiana: "siamo due paesi molto vicini sul rapporto con il vino e con la terra - dice Klapisch - l'Italia ha inventato lo 'slow food', la nozione di qualità dei suoi prodotti, su molti di questi aspetti è anche avanti rispetto alla Francia. Protagonista del film è la nuova generazione che si inserisce su un tema antico come il vino. I tre fratelli reinventano un loro modo di fare vino".
   

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